Tra i fondatori, tra gli inventori, tra i pionieri, tra i padri del minimalismo c’è senza ombra di dubbio Terry Riley. Figura di primo piano nell’universo dell’avanguardia elettronica degli anni ’60, ha influenzato vagonate di gruppi con il suo sperimentalismo esasperato e visionario. Una sorta di santone venerato e ammirato da più fronti: gli Who vollero omaggiarlo dedicandogli “Baba O’Riley”; i Soft Machine di Robert Wyatt e i Pink Floyd, così come i primi esponenti del krautrock  (Kraftwerk e Tangerine Dream in testa) difficile che non avessero ascoltato e assimilato la lezione del buon Riley; John Cale volle fortissimamente collaborare con lui nel bellissimo ”Church of Antrax” e numerosi sono tutt’oggi gli estimatori dell’ormai settantunenne compositore. Terry Riley è da considerarsi uno dei compositori più innovativi e rivoluzionari del secondo dopoguerra, insieme a gente del calibro di John Cage, sua principale fonte d’ispirazione o La Monte Young, suo compagno all’università (La Monte Young, John Cale, Dream Syndacate…tutto torna).

L’album in questione, il primo della sua immensa e plurisfaccettata carriera, datato 1967, consta di “sole”  2 tracce: la prima che è quella che da anche il titolo all’album è “A Rainbow In A Curved Air”, sintetizzatore e organo danno vita ad una lunga ed intensa suite psichedelica; modulare, circolare ed ipnotica cavalcata, in cui l’incedere del synth ricorda episodi dei Floyd di “The Dark Side of The Moon”. La seconda traccia è “Poppy Nogood And The Phantom Band”, altra folle ed allucinata suite, in cui compare, oltre al fedele synth (che spesso Riley provvedeva a costruirsi da solo..) anche il sax che, in quegli anni il compositore californiano aveva provveduto a studiare, spinto forse anche dalla smisurata ammirazione per John Coltrane.
L’eco del secondo Coltrane, più acido e sperimentale e di una passione per il misticismo orientale, non a caso riecheggiano in tutta la seconda parte di “Poppy Nogood”. L’improvvisazione più selvaggia, istintiva e primordiale su tastiere elettroniche, organo e sax, sorretta dalla ripetizione circolare di semplici cellule ritmiche melodiche sono l’apparato compositivo centrale di quello che rimane uno degli album più influenti della musica d’avanguardia e non solo; crocevia per la stagione dello sperimentalismo elettronico d’avanguardia, che prenderà il via proprio sul finire dei ’60 e l’inizio dei ’70, tra l’Inghilterra e la Germania.

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