"L'avevi creduto davvero / che avremmo parlato d'amore? / L'avevi creduto davvero / o l'avevi soltanto sperato col cuore?", così canta sornione De Gregori, in Rumore di Niente, l'ultima di queste "Canzoni d'Amore". Già, titolo quanto mai sviante, che qua dentro in realtà su undici tracce di canzoni d'amore vere e proprie se ne contano solo due (Bellamore e Stella della Strada).

La verità è che con questo disco De Gregori prosegue il discorso iniziato col precedente Miramare 19. 4. 1989, in una cruda disanima della realtà contemporanea, in cui c'è davvero poco spazio per l'amore. Il disco di conseguenza non può che essere amaro: i testi rappresentano un grande sconforto, una società che mette a disagio, in cui non ci si ritrova, dove trionfa l'illegalità, la disumanità, un mondo in cui vedi "uomini caduti per terra / e nessuno fermarsi a guardare / e gli innocenti confondersi e gli assassini ballare / gli innocenti corrompersi e gli assassini brindare", dove vincono i Vecchi Amici (ancora Venditti?), gli intrallazzatori, quelli che le regole sono fatte per gli altri (i Cristiani divorziati che fanno la comunione), il prototipo di persona già cantato nell'album precedente in Pentathlon. E se vogliamo almeno un po' di consolazione, non la dobbiamo cercare fuori, ma la possiamo trovare solo rintanandoci, chiudendoci nell'amore (Bellamore, Stella della Strada), l'unico mezzo in grado di far passare questo tempo dannato "senza farci del male". E la speranza, se ci può essere un po' di speranza, non è qui e non è ora. Ci sarà forse più avanti, quando l'età e l'esperienza ci doneranno il segreto per accettare tutto questo, magari anche per trovarci qualcosa di buono, quando saremo, forse, come quel vecchio che, chissà come, riesce a vedere Tutto Più Chiaro Che Qui.

Molto spazio ha la politica, in particolare in Chi Ruba nei Supermercati?, anche se francamente quel ritornello, così facilone e generalista ("Tu da che parte stai? / Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati / o di chi li ha costruiti, rubando?", che un po' mi ricorda la stessa logica dei recenti cartelloni di Rifondazione sulla finanziaria - quelli dei ricchi piangano con la foto del superyacht) è piuttosto deludente e inaspettato da De Gregori. O ancora ne La Ballata dell' Uomo Ragno, decisamente migliore e dedicata, come confermato dallo stesso De Gregori, a Bettino Craxi, il politico che amava circondarsi di nani e ballerine. Canzone comunque ancora estremamente attuale, facilmente adattabile com'è proprio a uno di quei nani che tanto gli ballavano appresso, quello che "è sceso in campo" a salvare il Belpaese dal liberticidio comunista (e sé stesso da carcere certo: "nascondono il passato parlando del futuro / e se trovano la cruna dell'ago / se la mangiano di sicuro"). O ancora nella stessa Rumore di Niente, amara e criptica riflessione sugli avvenimenti che proprio in quegli anni cambiarono il mondo (l'URSS che si sbriciola, il muro di Berlino che crolla, in Italia la svolta della Bolognina), aprendo alla globalizzazione, al caos e alla perdita di ogni punto di riferimento che ne discesero.

In quest'album a mio parere non c'è il miglior De Gregori, manca la zampata del genio assoluto; c'è però un artista onesto, rigoroso, comunque superiore alla media in circolazione (solo per stare in Italia, nel 1992 spopolavano gli 883 con Hanno ucciso l' Uomo Ragno… ), capace di esprimere perfettamente il disagio di vivere in una realtà che gli rassomiglia sempre meno, e di denunciarne con forza gli aspetti grotteschi e paradossali. Il disco è quindi senz'altro più che dignitoso, e con pezzi di valore assoluto: Adelante! Adelante!, piena di immagini in puro stile degregoriano, un po' come I Muscoli del Capitano, per intenderci; Sangue Su Sangue, il pezzo più rock del disco; Povero Me, la mia preferita (nelle esecuzioni dal vivo quasi "recitata"). Dal punto di vista musicale, poi, l'intero album mi piace davvero molto: perfette Tutto Più Chiaro Che Qui, Rumore di Niente, Povero Me, Viaggi & Miraggi (l'unica canzone veramente spensierata del disco) con quel sax, il piano ne La Ballata dell' Uomo Ragno.

Insomma, il mio personale giudizio sarebbe un 3,5: nell'impossibilità dei mezzi voti, mi affido alla sorte: testa (ehm… l'omino di Leonardo), arrotondo per eccesso; croce (Europa), per difetto.

È uscito Leonardo, e credo sia giusto così.

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