Premessa: esistono film di rottura che sono opere d'arte e altri che invece sono solo di rottura.

A trentacinque anni dalla sua uscita, "Fritz The Cat" di Ralph Bakshi non ha ancora una collocazione ben precisa, infatti se il merito principale di questo lungometraggio animato (78' minuti) e' stato quello di definire in maniera decisa la strada verso un' animazione per adulti (in contrapposizione a quella classicamente per bambini della Disney per intenderci) e fu il primo cartone animato ad essere proibito ai minori negli States (con il risultato che guadagno' 20 milioni di dollari a fronte del pur impressionante, per i tempi, milione speso per la realizzazione) i limiti artistici sono evidentissimi e si manifestano soprattutto in una trama debole e una sceneggiatura che magari allora in un periodo di piena controcultura e contestazione giovanile poteva sembrare efficace ma ora appare per lo piu' solo facimente scollacciata e provocatoria (se non volgare).

Un discorso a parte merita il tratto usato: infatti Bakshi, seppur criticabilissimo, fu a suo modo un innovatore (basti pensare alla tecnica a rotoscopio che uso' per il controverso adattamento a cartoni animati de "Il Signore degli Anelli" nel '78) e se il disegno appare a tratti pacchiano, bisogna ricordare che il cartoonist di origini israeliane occupo' anni per mettere a punto questo stile che dunque si puo' definire volutamente destabilizzante ed irritante in linea con le avventure raccontate.

Le avventure sono quelle di Fritz, gatto NewYorkese, che vive in maniera libertina nei bassifondi della metropoli americana tra orge e consumo sproporzionato di droghe con i suoi amici tutti animali umanizzati, e che per il suo stile di vita deve difendersi dai "porci poliziotti" (come lui stesso li definisce) che sono disegnati appunto come maiali... Per sfuggire a questi decide di intraprendere, insieme alla sua amante, la provocante e promiscua Faina, un viaggio verso la piu' libera California, ma durante questo verra' coinvolto suo malgrado da un motociclista ariano in un attentato, e scoprira' di aver perso la virilita' che ritrovera' nel provocatorio finale..

Tratto dal fumetto Pulp di culto di Robert Crumb, personaggio dalla vita veramente intensa e protagonista (tra i principali) nel movimento Hippy americano di ribellione alle regole sia di societa' che artistiche vigenti allora, il film e' un'operazione quindi che riesce solo a meta' (lo stesso Crumb ne critico' l'esito e per protesta fece morire il personaggio dei comics, assassinato da una lucertola...) ma se ne deve riconoscere comunque il coraggio e l'abnegazione utilizzati per la realizzazione che fu tutt'altro che semplice e soprattutto, come gia' detto il merito storico di pura rottura alle abitudini vigenti in tema di animazione.

Va da se che visto con gli occhi attuali spesso perde di mordente, ma bisogna ricordare il periodo storico da cui nasce e cioe' quello a cavallo tra i 60 e 70 americani dove la regola era destabilizzare e in quest'ottica un valore documentaristico comunque lo si trova. Da evitare come la peste la versione italiana dove il doppiaggio sostituisce vergognosamente lo slang NewYorkese originale con voci pesantemente accentate da idiomi dialettali italiani...

Vorrei in conclusione fare una postilla alla mia premessa: è ovvio che il mio intento era per lo piu' provocatorio ma mi sembra importante riuscire a fare un distinguo tra opere che hanno avuto solo il merito di rappresentare un momento di rottura ma con esiti (propriamente) artistici scarsi e altre che invece che esaltano la provocazione proprio tramite l'arte, ovviamente questo e' un discorso che cade irrimediabilmente nei gusti personali ma lo trovo terribimente d'attualita' visto che ormai l'arte viene vista (ed esaltata) quasi solo come momento di provocazione (mi raccomando, siate buoni e non bastonatemi troppo per questa affermazione...).

Carico i commenti... con calma