Quando Osvaldo Cavandoli nel 1969 propose a "Carosello" "La Linea" non poteva certo immaginare il successo internazionale che la propria creatura avrebbe avuto negli anni successivi: "tradotta" (tra virgolette perchè come vedremo l'unica traduzione di cui ha bisogno questo cartone animato è quella del titolo) in una quindicina di lingue, è ancora famosa in molte nazioni (Francia, Germania e Nord Europa su tutte) ed è uno dei più importanti esempi di capacità di sintesi applicate non solo nei cartoni animati ma anche nell'arte figurativa che in quella narrativa. Fu la famosa ditta produttrice di pentole a pressione "Lagostina" a credere fin da subito nelle potenzialità della serie e, almeno nel logo, si legò ad esso per quasi 40 anni nonostante che già dai primi anni '70 Cavandoli dette al personaggio una sorta di vita propria disegnandolo sia a fumetti che in animazione in episodi indipendenti dalla serie pubblicitaria.

L'idea di base era semplicissima tanto quanto fu rivoluzionaria: un omino che percorreva una linea, senza apparente conclusione, incontrandovi vari oggetti, accadimenti, situazioni che di volta in volta davano inizio a situazioni al limite del paradossale, interagendo continuamente con il proprio disegnatore, rappresentato da una mano con matita (qui un piccolo documentario sulla genesi della serie). Ad accrescere la forza umoristica del tutto fu il lungimirante doppiaggio di Carlo Bonomi che diede a "La Linea" un linguaggio incomprensibile nel lessico (miscelando una serie di esclamazioni dialettali milanesi ad altre espressioni puramente onomatopeiche) ma chiarissimo nell'esposizione degli stati d'animo: cosa che fu fondamentale per colpire l'immaginario di milioni di persone non accomunate dalla stessa lingua. Il tutto veniva completato da una colonna sonora dal sapore Jazz curata da Franco Godi, musicista già famoso per le sue collaborazioni con Bruno Bozzetto.

La cosa che colpisce, ancora, nella creatura di Cavandoli, a distanza di 40 anni, è l'estrema capacità sintetica nel riuscire a riunire in due soli elementi (lo schermo nero, o blu, e una linea bianca) una serie infinita di richiami (pure confinanti con universi artistici ben più colti, o ritenuti, più o meno a torto, tali) sia umoristici ma anche d'attualità che ancor oggi riescono a divertire senza il bisogno di ricorrere a volgarità o a triti luoghi comuni. Basti pensare agli interventi (quasi) "divini" rappresentati dalla mano del disegnatore o dalle buffe richieste d'aiuto, a volte al limite del grottesco, del povero Mister Linea: spesso fuori luogo e sbeffeggianti le prime e sospese tra supplica e rabbia repressa le seconde (una metafora dell'uomo moderno?).

Una potenza espressiva assemblata con talmente pochi strumenti a disposizione che fa ancora tremare ed è un peccato che l'associazione con il prodotto pubblicizzato abbia, in un certo senso, danneggiato qui in Italia la serie che invece all'estero è diventata presto un cult (della serie "nessuno è profeta in patria") attraverso pubblicazioni a fumetti (qui la serie ancora pubblicata in Nord Europa), citazioni in video musicali (per esempio qui e qui) e graffiti popolari (chi gira le metrò tedesche saprà di cosa sto parlando).

Questa poca considerazione in patria ha dato parecchi dispiaceri al suo autore che continuò a chiedersi del motivo di questa dicotomia tra successo internazionale e questa sorta di indifferenza da parte dei propri concittadini (almeno di quelli responsabili dei mezzi di informazione visto che a livello popolare nessuno l'ha mai dimenticato) fino al giorno della scomparsa avvenuta un paio d'anni fa.

Questa mia per ricordarlo.

Mo.

Carico i commenti... con calma