"Savana Padana" ti fa lo stesso effetto di un bicchiere di grappa bevuto tutto d'un fiato dopo una bella cena con gli amici sui colli Euganei, quelle cene in cui ti sfondi di bigoli in salsa, pollo fritto, polenta e fasoi e sioe. E sto parlando del primo bicchiere di grappa della serata, quello che va giù che è un piacere ma che allo stesso tempo ti brucia un po' in gola. Però fa niente, con il primo bicchiere è sempre così. Poi passa e te ne sbatti.
La trama del romanzo, o racconto lungo che dir si voglia, di Matteo Righetto è figlia di un Joe Lansdale ubriaco di grintòn, e deve molto anche al Guy Ritchie dei suoi primi due (bellissimi) film: una banda di zingari, quattro scalcagnati cazzoni della mala del Brenta al seguito di un boss da antologia, un carabiniere rigorosamente teròn che va dove non dovrebbe andare, un mafioso Cinese detto "il Tigre" e una statua di Sant'Antonio che sparisce poco prima del 13 giugno, proprio quando l'afa umida e tignosa della Pianura Padana si fa insopportabile. Il tutto in attesa di un temporale da iradiddio.


Questo libro comunque se ne fotte dei tanti padri putativi che potremmo affibiargli, è un figlio che ha le palle piene dei mondi patinati che vediamo al cinema e che leggiamo in libri miracolati dal marketing e proprio per questo manda tutto e tutti a fanculo anzi, in mona. Per questo ogni pagina ha un qualcosa di nuovo anche quando può sembrare già vista o sentita, per questo il Veneto che esce dalle pagine di Matteo Righetto è assolutamente inedito e, soprattutto, vivissimo. Quello che fa fare il salto di qualità a questa storia dal dissacrante sapore sugarpulp (movimento letterario di cui Righetto è uno dei fondatori) sono le emozioni che nascono dai tanti piccoli dettagli, invenzioni, personaggi e situazioni che ti sorprendono pagina dopo pagina. E poi l'ironia, quell'ironia che non ha rispetto di niente e di nessuno e che ti fa ridere di gusto.


Un libro da leggere così come si beve un bicchiere di grappa dopo un bella cena con gli amici, si diceva: in fretta, senza pensarci troppo e divertendosi come un matto. E poi, vaffanculo, ditemi voi se non ha ragione il vecchio Nane quando, seduto al suo solito posto sotto il poster di Fausto Coppi al Bar Sport, ripete sconsolato "Ah, povera Italia. Ormai ze 'nda tutto ramengo!".

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