Solo una premessa: mentre scrivevo questa recensione ho capito che con i MiaZia è d'obbligo l'uso del singolare: volete mettere quanto suona più divertente ed evocativo dire "il primo disco di MiaZia", o "la musica di MiaZia", piuttosto che "dei Miazia"?

MiaZia è un duo bolognese che fa musica elettronica. E questo, con lo zibaldone di sottogeneri che c'è, non dice molto.
Sono prossimi al breakbeat, si capisce che i loro punti di riferimento sono i Chemical Brothers, ma anche i Kraftwerk.

Per classificare meglio questo loro primo disco - ammesso che ce ne sia bisogno - occorre forse dire cosa NON è.

La musica di MiaZia è tutt'altro che minimal: "Vegetable Machine", presente in due versioni, è un omaggio dichiarato a Syd Barrett e mescola voci angeliche a quelle robotiche, pulsazioni electro, synth acidi e a un certo punto persino una batteria a 8 bit. Ma non è l'unico pezzo carico di suoni, e se in certi momenti compare la cassa in quattro ("Regressive March") non è certo per approdare alla house canonica.

Non è fidget house: niente punk modaiolo a imitazione di Crookers e Bloody Beetroots, pur essendoci qualche potenziale riempi-pista tirato ("Get Busy", "Sleeptalking").

Niente hip-hop: sette pezzi su dieci contengono solo voci sintetiche nello stile dei già citati Kraftwek (ma sussurrate in "Present at Past" alla maniera di "How does it make you feel?" degli Air).

I tre brani cantati, per lo più da ospiti femminili, sono tutti melodici: "Texas Driving" è l'unico lento dell'album, con gorgheggi rarefatti e sognanti; "Sleeptalking" è forse l'episodio più radiofonico dell'album, puro synthpop anni '80; "Mind The Cat" - sempre a proposito di pienone - incomincia con un delicato cinguettare e finisce in un trionfo di sintetizzatori.

Si sente l'uso di campioni trasfigurati da elaborazioni varie che accompagnano riff di synth suonati. "Spray Words", con effetti da cartone animato schizoide, ricorda l'ironia di Jean-Jeacques Perrey, un altro pioniere dell'elettronica.

Il primo disco di MiaZia qualche sorpresa la riserva, a cominciare dai componenti del gruppo: a leggere le note di copertina si scopre che si tratta di un side project di Alex Vittorio, bassista dei progressivi Stereokimono, qui nelle vesti inedite di tastierista. Bisogna riconoscergli coraggio e una buona dose di ecletticità per questo esperimento. L'altro tastierista-programmatore è Diego Chillo, ma i ruoli sono analoghi ed è impossibile dire chi dei due fa cosa.

Insomma, non è facile capire quale sia la direzione di MiaZia e forse dovremo aspettare un secondo lavoro per chiarirci le idee (sempre che prima se le chiariscano anche loro). Di certo non c'è molto di nuovo sul fronte dello stile, ma il risultato è assai gradevole e non stanca. 

Comunque nulla che possa essere consumato in un elegante salotto inglese durante l'ora del tè, come ironicamente vorrebbe MiaZia.

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