Tutti quelli che non sopportano Baricco e la sua prosa autocompiaciuta. O quelli che non digeriscono le trame dei suoi romanzi. Oppure non digeriscono LUI, i suoi esagerati successi letterari, il suo essere intollerabilmente sovraesposto, "piacione" e paraculo. Tutte queste persone devono sapere che l'ultimo libro di Alessandro Baricco, a mio parere, ha un "difetto" gravissimo e imperdonabile: è un bel libro.
Davvero notevole è infatti il modo con cui l'autore tratteggia i personaggi e descrive l'ambiente in cui si svolge l'assurdo "nuovo" lavoro cui si dedica il protagonista Jasper Gwyn: un romanziere che, di punto in bianco, smette di scrivere storie e diventa "pittore di anime", cioè scrittore di ritratti. Proprio così, ritratti non dipinti ma scritti... Ritratti di personaggi che gli fanno da modelli, nudi nello stanzone adibito a laboratorio -diciamo così- letterario. Nudi non solo nel senso reale del termine, cioè svestiti, ma anche e soprattutto privi di qualsiasi filtro tra se stessi e mister Gwyn. Il quale, d'altro canto, senza tela nè colori nè pennelli, ma armato solo di un piccolo taccuino, guarda, pensa, scrive, annota, elabora. E la distanza, apparentemente abissale, tra i modelli (persone fino a quel giorno sconosciute a Gwyn) e il pazzoide che è davanti a loro si riduce, fino ad azzerarsi nel momento in cui quest'ultimo -dopo oltre un mese di lavoro (di "osservazione") su ciascun modello e dietro lauto compenso- consegna agli stessi il ritratto.
La maniacale precisione con cui il protagonista allestisce il magazzino, la descrizione della luce creata dalle 18 lampadine che si spengono ad una ad una, le differenti reazioni dei vari modelli al morire dell'ultima lampadina, sono autentici gioielli narrativi.
E se è complicato (nè, forse, Baricco lo vorrebbe) immedesimarsi in Gwyn, è pressochè inevitabile seguire le mosse e il flusso dei pensieri della sua adorabile assistente Rebecca, e, alla fine, "tifare" per lei che -a due terzi del romanzo- diventa l'autentica protagonista del libro, nell'affannosa ricerca dell'ormai assente Gwyn e nel tentativo di dipanarne la matassa. C'è qualcosa di irrisolto nel finale: ma è l'unico finale possibile.
Vi dico la mia personale sensazione: ho iniziato a leggere le prime pagine con scetticismo. Poi mi sono incuriosito, e infine appassionato. Il romanzo si legge d'un fiato, e Baricco stavolta non infastidisce e non annaspa alla ricerca di frasi ad effetto mascherate da verità assolute.
O si ama o si odia, si dice spesso dello scrittore torinese. Ma forse c'è un'altra via: recensire "Mr Gwyn" e non Baricco. In altre parole, dimenticarsi di lui e sfogliare ogni pagina come se fosse frutto della penna di un autore sconosciuto. Di cui avrei detto: Però...! Promettente questo scrittore esordiente... venderà più di qualche copia... ne sono sicuro...
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