Verso la fine del 2002 e per buona parte dell'anno successivo non c'è stato un singolo numero dell'NME che non abbia riportato almeno un piccolo trafiletto riguardante i Libertines. Ogni settimana, le centinaia di persone che leggevano notizie sulle peripezie personali di Pete Doherty si tenevano allo stesso modo aggiornate riguardo l'evoluzione musicale del gruppo.
Ebbene questo fatto, all'incirca, sta per ripetersi con uno dei gruppi emergenti d'oltremanica più chiacchierati degli ultimi mesi. I Bloc Party.

Ecco a voi "Silent Alarm", ovvero il debut album più atteso dagli amanti di un certo tipo di rock, assieme a quello dei The Others di Dominic Masters.
Il gruppo di Kele Okereke, frontman di colore dal timbro vocale pulito e melodico come quello di Brandon Boyd, si muove entro i confini Franzferdinandiani di un rock dinamico, inondato da riferimenti pop-punk e rappresenterà, assieme ai Babyshambles, la punta avvelenata della nuovissima ondata rock made in Britain targata 2005.

Canzoni come Like Eating Glass, brano d'apertura del disco, o She's Hearing Voices colpiscono al primo ascolto e fanno seriamente pensare di essere arrivati a un gruppo rock se non innovativo, almeno non troppo noioso.
Con un E.P. alle spalle e un paio di singoli azzeccati, tra cui l'ottima Elicopter, i Bloc Party si sono guadagnati un tour in giro per l'Europa che li ha visti, prima, band d'apertura per gli Interpol e successivamente il centro di svariate critiche benevole da parte degli addetti ai lavori.

Bisogna però smontare gli eccessivi entusiasmi e le aspettative pressanti della stampa. Il disco è tutt'altro che un capolavoro.
E' anche vero però che, pur non rappresentando un must, risulta piacevole, soprattutto in quelle parti dove i nuovi gruppi new wave tendono a perdersi un po': le ballate. C'è una certa vena romantica (e psichedelica) in brani come Plans che aggiunge qualcosa di bello alle cose fin'ora proposte dalle band sopra citate.
Il sound dell'album è pulitissimo, lontano da incisioni lo-fi o venature blues sporcate di fango: canzoni tirate, riff altrettanto veloci e una passione per Clash, Pixies e per alcuni gruppi della Madchester scene anni '90, traspare inequivocabilmente di tanto in tanto.

Chi è rimasto piacevolmente sorpreso da band come Razorlight e Futurheads non può saltare quest'altra tappa di new rock che rappresenta se non una (ennesima) piccola brillante scoperta, almeno un piacevole diversivo della durata di un'ora.

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