Recensione di Psychopathia

Era da molto che si vociferava di un nuovo album di Emilie Autumn. Dicevano si sarebbe chiamato Fight like a girl.
Folgorato da una recensione letta su DeBaser avevo acquistato Opheliac, attratto anche dalla simpatia che Emilie mi suscitava (borderline bipolare, come me- il mio nick è un nomen omen, sì). Sicchè l'attesa per FLAG si è trascinata spasmodica fino al 24 luglio, quando Emile Autumn l'ha messo in vendita sul suo sito. Da buon compulsivo quale sono lo presi tre minuti dopo la messa in vendita (le 7 di mattina in Italia) e spesi un botto per il corriere. Il 5 agosto mi arrivò...

Ebbene?

FLAG non è nè più nè meno di ciò che mi aspettassi: ovvero un'opera Pop, dalla frivolezza relativa della title track al divertissement di One foot in front of the other, passando per canzoni da brivido tipo Scavenger

Non è la piccola Emilie un genio, ma sa fare bene il suo lavoro di intrattenitrice da brava artigiana. Assieme ai Dresden Dolls e ad Amanda Palmer una degli esponenti più validi di popular music non banale e con qualcosa da esprimere.

Alla larga se ne stiano invece i darkettoni, con cui Emile c'entra ben poco, essendo la sua musica gioiosa e splendente

VOTO: ****/*****

 

Recensione di cptgaio

Si è fatto aspettare parecchio questo disco di Emilie Autumn: tanto che il sottoscritto pensava che la dea di “Opheliac” non  avrebbe più regalato al mondo qualcosa di altrettanto potente, dicotomico e teatrale.

Invece dopo un periodo, dal punto di vista personale, abbastanza travagliato  la nostra è uscita con questo “Fight like a Girl” che da un punto di vista sia stilistico, con la conferma di quella definizione (“Victoriaindustrial” ovvero “l'Arte di sedurre o di far totalmente ribrezzo adoperandosi nel mondo della Musica”) autoimposta, sia in quello prettamente tecnico-musicale (la voluta e ostentata ambiguità di proporre sia un’elettronica, spesso sfacciata, sia repentini ritorni acustici, il tutto sospeso in un’atmosfera in bilico tra cabaret e grand guignol) non presenta nulla di nuovo. Probabilmente questo è quello che volevano gli estimatori ma al terzo (quinto?) disco forse ci si potevano aspettare molte più concessioni “Pop” (a mio modo di vedere vero banco di maturità) da un’artista che rischia di rimanere impelagata in una sorta di bolla freak (rischio condiviso anche da altri nello stesso, rischioso, genere: sia chiaro).

Resta il fatto che ci sono veri e propri gioielli efferati in questo disco: dal macabro incedere di “If i Burn” a quello postindustriale di “Take the Pill” senza dimenticare la title track (forse unica cosa veramente “Pop” del disco).  Per quanto riuscirà a rimanere credibile in questa sua rabbiosa “diversità” non possiamo saperlo, per ora non ci resta che contemplare.

Voto: ***/*****

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