Premessa: è la mia prima recensione quindi vi prego di non spezzarmi le gambe come grissini, detto questo procediamo con codesta recensione.

Innanzitutto chi è Mac Demarco?? Questo ragazzotto di 23 anni ha esordito con il nome "Makeout Videotape" ma era una sorta di rodaggio nel mondo musicale. Il vero e proprio esordio avviene con "Rock and Roll Night Club" per poi passare a "2", che avrei voluto tanto recensire ma spiacevolmente ho appreso che ve ne erano già due (per l'appunto). Complessivamente la sua musica è un insieme di "Jangle Pop", "Psychedelia" (prettamente legata all’ambito precedentemente citato), Lo-Fi , "College Rock" con spruzzate(abbondanti) di "Surf Rock" e influenze provenienti dagli anni 50 e 80 tutto misto a una sorta di malinconia che tanto contraddistingue l’ Indie Rock d’oggigiorno. Voce fra l’ubriaco e la pacatezza di un Weekend alle Bahamas, apparenti canzonette maliziose ma con complessi intrecci melodici che confondono e poi appagano i sensi stendendo un velo di note con cui coprirsi e dormire sogni sereni. Comunque Mac alla fine ha acquistato un sound tutto suo, un sound che riconosci fin dalla prima nota ed esclami : "Ah! Ma è quel fattone con gli incisivi distaccati (Get the London Look, per intenderci)".

Adesso passiamo all’album, allora da dove iniziare………….. Mmmmmmmmm innanzitutto partiamo col dire che "Salad Days" è un album più maturo del precedente, più malinconico dello schizoide "2" ma con un’ evoluzione del sound poco rimarcato, egli stesso ha dichiarato "I didn't want to freak anybody out with a huge sound change. I wanted to transition without changing the vibe too much. The mood for Salad Days is, 'Fuck man! I was just on tour for a year and a half and I'm tired!" ed è proprio la stanchezza  ad essere un elemento portante e caratterizzante del disco.

Nel complesso l’album è ben fatto, inferiore a "2" per un pelo. Personalmente a me è piaciuto davvero davvero davvero e tutte le canzoni sono degne di nota. Le tracce (per me) più significative nel disco sono: "Blue Boy" con il suo ritonello dolce e caldo, l’ introspettiva "Brother", l’ eterea "Chamber of Reflection", la strafatta "Passing Out the Pieces", la romantica "Treat Her Better" e la conclusiva "Johnny Odyssey", lasciandoti l’amaro in bocca per aver ascoltato tutto il disco in maniera ingorda assaporandolo ed eusarendolo fino al midollo, dopo aver appreso e recepito tutte le sue sfumature e aspettando ansiosamente il ritorno di Demarco e la sua investitura (non mi ammazzate) di "principe dell’Indie" sperando che non faccia rovinose cadute.

Il mio voto è più un 4 e mezzo.

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