Set Yourself On Fire degli Stars dovrebbe convincere anche i più scettici di ciò che a me appare sempre più una certezza, e cioè che il Canada è oggi l'Eldorado del pop-rock d'autore.
Sarei tentato, per parlare di questa loro "difficileterzaprova", di cedere al sentimentalismo, di farmi guidare, nel descrivere il luminoso percorso delineato dalle tredici tracce che compongono l'album, dai modelli di riferimento della band canadese, gruppi a me cari del recente passato, come gli Smiths, i Prefab Sprout, i Saint Etienne, Momus, ma non sarebbe giusto. Così facendo, si potrebbe dare l'idea, sbagliata, di trovarsi di fronte a dei cloni, all'ennesimo gruppo che, negli ultimi tempi, si è affidato furbescamente alle sonorità anni '80 ritornate in auge, rischiando il plagio in qualche occasione.
Intendiamoci: la musica degli Stars non è quella dalla quale c'è da attendersi il rinnovamento radicale, l'originalità assoluta, la pietra miliare. Si innesta su una tradizione, si potrebbe dire, "riformista" per natura o al massimo, per citare un brano dell'album, da "Soft revolution" (ma, attenzione, la cover, censurata negli USA, potrebbe spostare l'accento sul secondo termine dell'ossimoro), che vive di spostamenti anche minimi, che vede rare volte nell'arco di un decennio qualcuno portare avanti il limite in modo sensibile. Quindi, i modelli sono importanti, forse più che in altri generi; però, sono il modo di rapportarsi ad essi, la sapienza e il gusto nell'ibridarli, oltre alla genuinità e alla freschezza dell'ispirazione e al talento nello scrivere canzoni, a fare la differenza, a dare quell'alone di luce che li rende chiaramente distinguibili dagli altri pop-group. Gli Stars da Montreal, a mio parere, possiedono tutte queste qualità, hanno quest'aura.
"Your Ex-Lover Is Dead" è uno dei migliori brani d'attacco ascoltati nell'anno in corso: atmosfere lievemente dark, corpose chitarre alla Marr e l'apporto degli archi che ricorda un po' i connazionali e loro amici The Dears, e due magnifiche voci che duettano mettendo la parola fine al loro rapporto d'amore, quelle di Torquil Campbell e Amy Millan, una biondina che pare una via di mezzo tra Wendy Smith e Susanne Vega. La title track fa pensare a dei Magnetic Fields più vivaci, ma il lungo commiato è a levare, quasi sussurrato. In "Reunion" sono protagoniste la voce della Millan e dei riff chitarristici che ricordano vagamente quelli dei Jesus & Mary Chain. In "The Big Fight" il pendolo oscilla verso il pop e per una buona metà si dispiega come un duetto pop di effetto, salvo trasformarsi verso la metà in una specie di elettro-song strumentale alla New Order: un piccolo gioiello.
Ma è la loro versatilità, la spigliatezza e l'abilità con le quali trattano svariati elementi musicali della tradizione pop-rock a colpire e destare ammirazione.
L'ispirata classic ballad "Sleep Tonight" lascia il posto alla nervosa e newordiana "The First Five Times"; l'alternative rock, con rumorismi compresi, della tiratissima e inquietante "He Lied About Death", una delle vette dell'album, si eclissa, cedendo il passo al pop solare tipo Polyphonic Spree, opportunamente arricchito di ritmo ed elettricità.
Queste "Stelle", forse, non saranno di prima grandezza, ma per il firmamento musicale risultano essere indispensabili, soprattutto per alcune "costellazioni", meglio visibili naturalmente nei freddi cieli del Canada.
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