C'era un tempo, un tempo non lontano in cui mio nonno, provato dalla guerra, come già vi ho raccontato in altri luoghi, fu costretto a nutrirsi di un esemplare della razza felina.
Per anni fu apostrofato dai suoi amici e vicini con "miaooo, miaooo" piuttosto sospetti che lo facevano rabbrividire e ripensare a quel coniglio melenso servitogli anni addietro, quando nel cielo imperversavano gli aerei gravidi di bombe e a terra il massimo che potevi sognare era una bella polenta.

Bene, quei "miaooo, miaooo" equivoci io li ho ritrovati, e l'effetto madeleine è molto inquietante, nel nuovissimo cd delle Cocorosie... dolce contrappunto all'unghia incarnita che si evolve pezzo per pezzo nelle estasi di un pianoforte scordato accoppiatosi con un pony audioleso.
Non serve l'apporto di gaia Gayetudine di sua eccellenza "Antonio e i Giovanni" per risollevare l'effetto diabete mellito... suppura il testicolo alla seconda traccia e la ghiandola pineale si domanda: "Ma quella che canta è forse Marisa Laurito?".
E anche qui la medeleine mi riporta ai campi elisi dei "Piccoli Fans", un programma cui ho sempre anelato partecipare... non ce l'ho mai fatta.
E forse è per questo che non riesco a farmi piacere le Cocorosie: io sono arrabbiato.

Parliamo dei giocattolini: ma quanti, troppi; ma che bei giocattolini. E il gospel. ahhhh, io non resisto; quando sento il gospel mi viene voglia di provarci colla vicina: una povera signora sovrappeso ma estremamente simpatica, certo la immagineresti con un fiorellino infilato sopra l'orecchio e la vocina chioccia mentre ti si avvicina cantando "Armageddon" ...in pratica un furore da nosocomio con una bambina lobotomizzata che ripete indefessa una filastrocca per deficienti... mentre sullo sfondo scoppiettano gli strumenti, incredibilmente inusuali, di queste due dee dell'ossessione emicranica.

Ecco, l'esempio più calzante per questa musica: voi sdraiati su un fianco, concentrati su un punto del soffitto per farvi passare il fottuto mal di testa... il senso di nausea, il dolore... dio mio deve passare, deve passare, e sotto, come una danza tribale di putti in calore avete Bianca Cassidy, o come cazzo si chiama, che gratta le sue corde vocali e spreme la sua scarsissima intelligenza per fracassarvi l'ultimo barlume di speranza.
Appendete i "moment" al chiodo, le geniali sorelle Cassidy sono arrivate e vi scuoteranno il muco sulla fronte; penetreranno nei vostri padiglioni auricolari e vi testeranno la resistenza biblica... Giobbe, la lettura del suo libro, potrebbe aiutarvi. Davvero.
Ossessione, ecco il termine adatto. Rumori di fondo; borbottii; se questo è fare musica allora anch'io domani mi chiuderò nel mio fantasmagorico gabinetto, nella mia jacuzzi, la bocca spalmata contro il bocchettone a borbottare parola incomprensibili mentre il mio gatto, salvo grazie al cielo, batte il ritmo, a caso, con le sue zampe sul lavabo.

In una parola: che palle ragazzi! Che palle. Puro spurgo uterino maleodorante spacciato per innovazione, perché ormai basta sbattere su disco tutte le idee balzane che ti passano in testa per far dire ai critici: "Acciderboli. Seminale. Eccezionale. Poetico". Ma due palle no? Due palle non si può dire? Bene, questo disco è una rottura di zebedei bella e buona. Si salva solo "Brazilian Love Song" con il suo tiro da musica per intervalli televisivi... quelli con le pecore e il nome della città, ve li ricordate?
Io lo sconsiglio, come lo scolo. Mio parere opinabile.

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