I Polvo di Chapel Hill, cittadina nel North Carolina “patria” di un’agguerrita scena indie (Superchunk, Unwound) suonano un noise rock sperimentale, che è curioso nei suoni senza essere goffo, squadrato nelle metriche e tuttavia dispersivo all’ascolto, punk nell’attitudine ma ellittico e complesso nella scrittura. E’ un rock ostico, un po’ introverso, faceto solo in apparenza. Le stranezze armoniche e le atonalità che ne costituiscono la scorza, nascondono un’urgenza, una tensione emotiva che non è mai espressa apertamente, ma che colpisce a fondo in dischi come il secondo “Today’s Active Lifestyles”, dove anche gli episodi più stupidamente dissonanti hanno un ermetico retrogusto di tristezza e straniamento, come a dipingere l’eroicomico tentativo di un guillare di corte di salvarsi dalla gogna. In quel disco i Polvo mostrano poi un’antipatia accesa per le forme (e le accordature, of course) canoniche, preferendovi strutture musicali aperte con spreco di ripetizioni e circolarità dei riff, come in un vago post-rock dall’estetica punk (magnifica la maggior parte delle “code” strumentali ai brani).

Questo “Exploded Drawing” denota però maggiore attenzione al songwriting, certo meno atipico, ma che è meravigliosamente espressivo come nell’opener “Fast Canoe”, pezzo di ampio respiro ma dal classico incedere sincopato e atonale, variegato nel mood, o nella quadratissima “Feather of Forgiveness”, intensa ed immediatamente coinvolgente. Disco lungo, spezzato da diversi intermezzi in cui fa alle volte capolino la strumentazione orientale che ben altro rilievo avrà nell’ultimo “Shapes”, questo (doppio) LP mostra un gruppo maturo, capace di comporre canzoni elaborate, con frequenti cambi d’ umore, eppure molto geometriche e seriali nella struttura, “epiche” a modo loro (sentitevi “Crumbling Down“, la spendida “High Wire Moves” e l’epopea di 11 minuti della conclusiva “When Will You Die For The Last Time in My Dreams”), con lo scherzo di “The Purple Bear” (un bubblegum indie dai toni un po’ british suonato alla Polvo) ad alleggerire i toni, insieme alla più lineare “In This Life”.

L'espressionismo chitarristico è maggiormente incanalato ed asservito alle esigenze dei pezzi, e ciò rende questo platter più accessibile ai “non inziati”. Delude forse qualcuno che si aspettava un’evoluzione più “verticale”, ma conserva comunque la singolarissima personalità di un gruppo che è, a mio parere, tra i più interessanti e godibili degli anni ’90.

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