"Wish" rimane sicuramente l'ultimo lavoro di spessore del gruppo di Robert Smith.

I successivi album, a parte il discreto "Bloodflowers" (che in ogni caso mi par ridicolo paragonare a capolavori come "Faith" e "Pornography", inserendolo in una discutibile trilogia), sono opere davvero sciatte, in cui viene a mancare il motore dei "The Cure", l'emozione, il brivido, il coinvolgimento.

In questo senso "Wish" è l'ultimo album che riesce a coinvolgere emotivamente in maniera evidente. "Wish" rappresenta un compendio di stoica disperazione, rimpianto, sogno e voli pindarici, cadute vertiginose. Musicalmente è leggermente diverso dai predecessori, con il massiccio impiego di chitarre quasi alla Sonic Youth e l'alleggerimento dagli strati di tastiere che riempivano "Disntegration", ma tutto sommato il suono rimane fondato sui riff lancinanti di Smith, anche se qui dilatati ed effettati, sulla ritmica ossessiva e sul canto da condannato a morte.

L'album è quasi un concept sull'amore, vengono analizzati tutti i sentimenti che è possibile provare in una relazione, soprattutto quelli tormentati, ma questo è normale, come ci spiega la didascalia in fondo al libretto del disco: le nostre canzoni piu' dolci sono quelle che parlano delle storie piu' tristi. L'inizio con "Open" spiega quasi la causa dei versi che verranno nel resto dell'album, ovvero la dipendenza dall'alcool, storico problema di Smith, che consente appunto momentidi esaltazione incredibile, ma conseguenti e dolorose cadute negli abissi disperati della coscienza. "High" è figlia delle fantasie piu' morbose di Smith, un desiderio ossessivo e idealizzato d una persona, forse il sogno piu' fisico dei "The Cure", come sottolinea anche il videoclip.
"Apart" ricalca il secolare problema dell'incomunicabilita' fra gli innamorati, un gioco quasi masochistico che condanna a cercarsi e desiderarsi, senza successo, fino all'inevitabile collasso. "From the Edge of the Deep Green Sea" è molto probabilmente il brano piu' intenso insieme a "A Letter to Elise", una melodia struggente e ossessiva sbriciola il cuore dell'ascoltatore in un crescendo di intensita' implosiva. Il tema è quello della voglia di fermare il tempo, ma soprattutto della paura, paura di perdere il tesoro conquistato dopo anni di lacrime.

La forza incredibile di questo gruppo è di essere riuscita a epicizzare momenti che ciascuno di noi ha vissuto, almeno in parte. L'ascoltatore si riconosce nel calvario di Smith, sente la propria fragilita' come eroismo, e con la musica dei "The Cure" molto spesso sicorre il "dolce" rischio di cadere in un gelido vortice di fatalismo. Seguono tre canzoni apparentemente ariose e piu' positive. Apparentemente. "Wendy Time" dal sound quasi sciocco nasconde tutto lo squallore dei classichi giochi assassini e delle frecciate che le persone attuano per ferire e per essere feriti. "Doing the Unstuck" rappresenta come un sogno sfumato. Il momento giusto per abbandonare tutte le sofferenze e calarsi nell'amore piu' sincero è arrivato. Purtroppo è troppo tardi, oramai è chimerico. "Friday I'm in Love" è il classico singolo killer dei "The Cure". Il testo è sognante e riesce a rendere l'amore epico nei gesti piu' quotidiani, spiega come questo puo' suscitare molteplici sensazioni, molto spesso contraddittorie e temporanee. "Trust" come esplica il titolo è basata sulla richiesta di fiducia, ed è basata una volta ancora sull'incomunicabilita'. "A lettere to Elise" è il testo piu' ispirato dell'album. Smith riesce a toccare uno dei picchi della sua carriera, la destinataria della lettera viene allontanata in maniera a dir poco soave. La musica celestiale e malinconica sembra creata dal niente apposta per accompagnare le liriche, tanto è adeguata ed esplicita nella sua poeticita'.

"Cut" è il pezzo piu' chitarristico e sperimentale, è qua che si odono echi di Sonic Youth, la tematica come facilmente intuibile è lo shock di un taglio netto con il passato e con l'amata/o. "To Wish Impossible Things" rappresenta il funerale di un sogno, l'abbandono di ogni desiserio in favore di un realismo schiacciante, la considerzione a posteriori di un comportamento che adesso appare quasi puerile e ingenuo nel suo candore. Questo brano segna il maturamento decisivo di Smith, e difatti coincide anche con l'inaridimento artistico che seguira', essendo la musica dei "The Cure" incentrata su un infantilismo, per quanto profondo, su un fatalismo caratteristico dell'adolescenza. "End" è il culmine di questa rassegnazione stoica. Perseverare o arrendersi assumono lo stesso significato, l'anima è imprigionata in un limbo di inedia.

Le delusioni hanno inaridito il cuore a tal punto che non vi è piu' la forza di desiderare. Wish, appunto.

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