Se quel poker di pop contaminato così giocoso che buttano sul tavolino i Camper Van Beethoven, Trotsky Icepick, Ten Foot Faces e Dentists può farti vincere sempre la mano di una spensieratezza musicale colta, l'inaspettata scala reale di un pop cinico proposto en passant dai "fiorai" spiazza ulteriormente i nostri orizzonti. Tanto più che il rilancio non esiste, si "passa", con quel blasone risolutivo in mano, dove si è arrivati all'illuminazione fancazzista situata in una zona galleggiante constatazioni.

E che argomenti di riflessione stimola un gruppo che fa del trascinamento le sue prove di sparizione? Da incontinenze punk giovanili gli Urinals diventano giardinieri provetti sostituendo l'innaffiar di piscio i cespugli con un'irrigazione consona ai nuovi esperimenti, supportati da giusti vespasiani forniti dall'etichetta californiana Happy Squid. E poi la genialata della Rhino è che ristampa nel 1990 tutta la produzione dei 100 Flowers su questo CD, pure troppo, si rischia l'indigestione.

Qui il ludo diventa pericoloso perché si gioca con coltelli che tagliano anche dalla parte del manico, pericoloso perché all'ascolto esce fuori un'essenza di petali di rock pop funk industrial country folk post-punk psychedelic avant-rock affastellati, sembrerebbe, alla cazzo di cane. E invece, applicandosi un po' sulle visioni astrali, ci si accorgerebbe dell'invisibilità di un pop-noise metafonico che fa capoccella impernacchiando le nostre convinzioni culto-musicali.

E la smerdata è un recupero di un'estetica del suono inaspettata che di soppiatto lavora ai fianchi togliendo il respiro alle nostre certezze. E lo scavo non è apertamente invasivo ma trivella in maniera certosina con quelle frese cacofoniche che aprono su affreschi underground cristallini, che deteriorano la patina melodica che è in noi.

Un bel favore, come quando capisci che non devi usare più il dentifricio che, oltre ad avvelenarti nel lungo periodo, ti calcifica ulteriormente la pineale già atrofizzata da questo periodo ciclico sfavorevole a noi esseri umani non terrestri.

L'orchestrina tirata su da questi debosciati per scelta, fa scattare in noi il desiderio di acquisire, in guisa dell'impegnativo apparato musicale, quel pollice verde per trattare il nostro "giardino" con le giuste risonanze. Una cura al sofismo musicale è servita sul piatto d'argento di un sacro menefreghismo che spazza via arruolamenti squamiformi.

Si rimane con in mano un bicchiere di acqua ionizzata e declorurizzata gettando le basi attraverso un sibilo liberatorio che ci lancia in un panteismo di rumori che ci rassicurano nel loro scartavetrare il cerume accumulato nelle orecchie che faceva echeggiare troppi ritornelli "monoteisti" nella nostra testa.

Riconquistiamo il ronzio punk primordiale infarcito d'ecletticità e rifuggiamo i canti ingannatrici di Sirene che suggeriscono un'armonia rammollente. Lo zucchero è dolce ma fa male, le rose crescono meglio col concime organico. Qui siamo oltre il "fioriranno".

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