E' come appoggiare le orecchie alla manifestazione (in)naturale di un limbo astrale lontano miglia e miglia dall'immaginario umano. Come il volo dello scheletro in copertina. Una macchina (im)perfetta. Qualcos'altro. Scende dal cielo e si palesa in forme (in)definibili. Sono i suoni dell'oltremusica. Quando pensi di aver capito quel che c'è sotto sei fottuto, è già tutto cambiato. Ti devi (ri)abituare.
C'è una luce triste che carezza i solchi di questo lavoro, e sono rappresentati da "Armored Scarves", il giro di chitarra accoppiato alla spettrale presenza di beat tribali, cibernetici, algidi e al contempo caldi, un folk alieno, un ibrido senza timori, tira dritto, i cori in fondo al pezzo creano un ulteriore melodia che scala il pezzo, è l'anima del Notwist Markus, diventa fulgida, esce. E il killerflaw di Doseone in "Death Major", spezza il beat, minimale, fotte il moog che si districa tra le rime perfette, e in fondo al corridoio di questo palazzo che viaggia in un cubo trasparente nello spazio, cori di memoria medievale, melodie da cattedrale. La linea del tempo si infrange, si spezza a metà, non ha senso tentare di seguirla, sembra di essere negli anni Novanta, sembra di essere in Inghilterra, non c'è motivo di dire di no, l'indie spaziale di "Old Age" ci parla proprio di questo. Il filo si ricollega, e all'estremità c'è uno specchio al contrario, "Death Minor" è la parte della scala che nella parte "Maggiore" rimaneva coperta, le chitarre disegnano sulle voci una patina d'argento, come brina di suono, che saluta dei fiati che contrappuntano, e un'orchestra nel deserto ci presenta il conto. Non siamo più giovani e "Unyoung" è il nostro lascito, una reminescenza depechemodiana, un pianoforte sommesso, tempi perduti raccontati su beat storti a singhiozzo, voci meccaniche in aiuto, Doseone tira le somme, scratch oldskool, siamo all'epilogo.
Lo scheletro tocca il suolo. Tira dritto avanti a sè a cercare un altro tempo su un piano d'esistenza di cui ci siamo dimenticati. Non c'è nessuno qui. Solo splendore.
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