15.60.75 (a.k.a. The Numbers) - "Jimmy Bell's Still in Town"
Bel posto deve essere Cleveland, Ohio. Fabbriche, smog, inverni polari e un lago grande come un mare a distribuire giusto quel po' di claustrofobia che non guasta. Fortuna che i giovani d'oggi possono vederci giocare una cinquantina circa di volte l'anno LeBron James, il Prescelto della palla a spicchi. Quelli appena più vecchi di chi scrive, a metà anni '70 hanno invece avuto il privilegio di sentire per primi schiantare gli amplificatori dai Rocket from the Tombs che divennero poi Pere Ubu. Li invidio selvaggiamente.
Ma anche gli idoli hanno i loro idoli. David Thomas, ad esempio, deve considerare come tale il signor Robert Kidney, originario di Kent, Ohio, 40 miglia circa a sud di Cleveland. E, ne siamo certi, non solo per rapporti di buon "vicinato". Robert Kidney è stato ed è tuttora il deus ex-machina, chitarra principale e voce dei 15-60-75. Oscuri già dal nome, in quanto trattasi di un'esoterica proiezione in base-15 della progressione degli accordi 1-4-5 (tonica, quarto e quinto grado della scala), fondamento di tutto il blues chitarristico. Meno male che i fans per comodità hanno deciso di chiamarli The Numbers
"Per 30 anni (...) The Numbers hanno contribuito a tenere vivo il genere blues. Ove i guardiani della forma lo facevano deperire senza alcuna innovazione, 15-60-75 alimentarono l'evoluzione astratta del blues. Ove i sacerdoti del Blues Tradizionale replicavano in modo monocorde e meccanico il vecchio catechismo, 15-60-75 aspirarono a una lettura visionaria"
Così David Thomas medesimo, redigendo le note di accompagnamento alla ristampa in cd del primo album di Kidney e soci, venticinque anni dopo la sua uscita. Il dischetto in questione uscì in origine nel 1976, catturando i Numbers dal vivo sul palco dell'Agora di Cleveland il 16 giugno del 1975, quando i nostri ebbero una mezz'ora abbondante di tempo per incendiare l'audience venuta a porgere adorante omaggio a Sua Maestà Bob Marley. "Jimmy Bell's Still in Town", questo il titolo.
Devo ripetermi: invidio selvaggiamente quei giovani. Sono solo sei canzoni. Ma ringrazio chi decise di masterizzarle per farne, dopo cinque anni di rodatissima attività live, il primo vinile del gruppo (con questa ragione sociale ne seguiranno solo altri due, rari come l'araba fenice). Sentendo la performance, non si può fare a meno di concordare con il giudizio del pantagruelico Thomas. Siamo in territori di un rock-blues visionario che tritura con urgenza punk i classici del genere (gli undici minuti di Jimmy Bell), il Beefheart di "Safe as milk" e Sun Ra (Narrow road), l'errebi di casa Stax (About the eye game) e il pub-rock (l'iniziale Animal speaks), mettendo nel proprio orizzonte pure i Talking Heads e la no-wave (Thief).
Le chitarre del leader e di Michael Stacey, anfetaminiche e mercuriali, non sai se sono fuoriuscite dai Quicksilver o se sono in anticipo sui Television (la sarabanda della conclusiva About leaving day). I sax di Jack Kidney - fratello di Bob -, di Terry Hynde - fratello della "pretendente" Chrissie - e di Tim Maglione sono autentiche lamate nella schiena. La sezione ritmica (Drake Gleason, basso e David Robinson, batteria) va giù a rotta di collo senza un attimo di cedimento. Serve altro? Sì, che li conoscesse qualcuno...
"We are not interested in making hits, we are interested in making history", ebbe a dire in un intervista il poco lungimirante Kidney.
Forse non è andata proprio così, anche se lo status di artista di culto (un curriculum in cui fanno bella mostra di sé nomi come Golden Palominos e parecchio altro art-rock, indovinate con chi? Ma toh guarda, con David Thomas...), quello, Robert, non te lo toglierà nessuno.
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