La nascita dei 16 Horsepower si perde nella polvere della storia recente degli States, nel loro modo sabbioso di suonare un folk dal sapore southern e mistico. Messi su da quel genio di David Eugene Edwards all'inizio degli anni '90, hanno partorito quattro dischi in studio:essi sono da considerarsi vere e proprie pietre miliari del folk più gotico e religiosamente sentito che sia mai stato pensato e composto.

Nonostante abbiano tracciato i binari di un folk/country dai contorni southern, perso nei risvolti del tempo, non hanno mai trovato tutta la notorietà che avrebbero meritato. Fautori di un revival della musica tipica dell'America, nei lavori dei 16 Horepower si può tranquillamente ascoltare il suono (rivisitato in maniera originale e assolutamente densa) della tradizione blueseggiante e folkloristica d'oltreoceano.

Questa straordinaria capacità di rievocazione viene messa in musica da Edwards (leader e maggior compositore del gruppo) anche attraverso l'aiuto del percussionista Jean Yves Tola, il bassista Pascal Humbert e il chitarrista Steve Taylor. Questa è la line up di Low estate, il secondo capitolo della loro discografia, pubblicato dalla A&M Records nel 1997. Definire quest'album entro dei termini ben precisi è fin troppo riduttivo e chi conosce lo stile della band e di Edwards in particolare sa a cosa mi riferisco. In Low estate non c'è soltanto folk o folk rock, non si ascolta soltanto country ma bensì tutto questo amalgamato con le più disparate sotto influenze musicali: alzi la mano chi non avverte anche lampi di un certo tipo di gothic oppure chi non avverte tra il suono ovattato o graffiante delle percussioni e del banjo una specie di "blues desertico" dai tratti originalissimi. Tutto questo è ben presente in Low estate, che facendo da filo conduttore trascinerà questi stessi elementi nel successivo (e ancor più splendido) "Secret south".

La tambureggiante "My narrow mind" chiarisce la concezione stilistica dei 16 Horsepower, mentre "For heaven's sake" si firma come una delle tracce più belle e controverse della band, assoluta perla del disco. Nonostante la canzone prima citata rappresenti a mio parere l'highlight dell'album, essa non è l'unica degna di nota. Tralasciando alcuni pezzi che sanno di anonimato ("Brimstone rock" e "Phyllis ruth" in particolare) tutte le altre composizioni si attestano su livelli più che degni: bellissima la ballata dal sapore acido "The denver grab" così come "Black lung" che somiglia tanto ad una ballata popolare intorno alle fauci calorose di un fuoco.

Low estate è quindi un album dalle molteplici sfaccettature, tunte ben cesellate tra loro per poter essere "masticate" fin da subito. Un lavoro complesso e difficile da mandare giù, ma una volta compiuto questo viaggio tra le viscere desertiche degli Stati Uniti, esso avrà portato i suoi frutti. Un lungo cammino di religiosa potenza...

1. "Brimstone Rock" (4:29)
2. "My Narrow Mind" (2:58)
3. "Low Estate" (4:10)
4. "For Heaven's Sake" (4:55)
5. "Sac Of Religion" (3:28)
6. "The Denver Grab" (5:03)
7. "Ditch Digger" (3:22)
8. "Pure Clob Road" (3:43)
9. "Phyllis Ruth" (4:36)
10. "Black Lung" (2:27)
11. "Dead Run" (3:20)
12. "Golden Rope" (4:15)
13. "Hang My Teeth On Your Door" (2:36)

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