Un urlo, lancinante, violento, disperato e poi l'attacco di una chitarra con un riffone punk anni '70.

Basterebbe questo, l'inizio di "Rappresento", a dimostrare di che pasta sono fatti questi ragazzi napoletani.
Lo ska, il punk, il dub, l'hardcore, la disco-music anni '80, la tradizione della loro terra, sono come compiti per casa imparati a memoria. Tutto è stato metabolizzato e prende forma nuova nelle 10 tracce di questo lavoro.

Metaversus è un amalgama inestricabile di suoni, citazioni, rumori, che sfugge a qualsiasi logica interpretativa. È il suono dei 24 Grana e basta. Indicare un genere per definire la loro musica è offensivo.
La melodia beatlesiana di "Nel metaverso" incrocia una chitarra distorta e intermezzi reggae. "Vesto sempre uguale" alterna strofe imbevute di dub e ritornelli scatenati dove la sei corde penetra profonda e precisa anche nella testa dell'ascoltatore più distratto.

Francesco Di Bella, frontman genuino, disinvolto, canta con personalità inconsueta e usa il dialetto per affilare liriche taglienti e anarchiche. La sua voce calda e appassionata, intrisa di bel canto napoletano, si prodiga in vocalizzi malinconici in "La costanza", recita una rassegnata poesia attorno all'acido arpeggio di "Le abitudini" ma diventa efficace e disperata negli episodi più convulsi ("Resto acciso").

Con questo album il gruppo dimostra determinazione, creatività, consapevolezza dei propri mezzi. Metaversus, uno dei lavori più originali usciti negli ultimi anni, pone i 24 Grana al vertice della scena napoletana.

Carico i commenti...  con calma