Guarda chi si rivede, il mitico Dimitri Molotov! Quanto tempo! No scherzo, tanto qui non mi conosce nessuno e allora infarciamo il DeServer con un'altra recensione. Evidentemente ho preso una piega abbastanza definita, nelle mie recensioni pubblicate al ritmo di 2-3 all'anno, ovvero il parlare di band sconosciute. È un mondo questo che mi affascina, dove gente che non ha milioni di fan da accontentare (cosa che dirige molte delle svolte musicali delle band più famose) o etichette discografiche a cui sottostare, suona semplicemente buona musica, divertendosi e sperando che qualcuno finisca per ascoltarli in qualche modo, in mancanza di meglio da fare. Questo è ciò che sto facendo sempre più spesso, e lo stesso motivo per cui questo sabato sono a casa a scrivere questa recensione (anche un po' di mal di testa, ma è secondario). Quindi almeno apprezzate lo sforzo, dai!
Vabbè, tornando al discorso strettamente musicale, questo disco è stato pubblicato da tali 32 Leaves nel 2005, e per la prima volta tra le mie recensioni non si tratta di metal, ma piuttosto di un tranquillo rock, un album scoperto quasi per caso e rivelatosi veramente ottimo, con canzoni tutte gradevolissime e con poca prevedibilità. Sto parlando di "Welcome To The Fall", il primo dei due full-length dei cinque statunitensi prima di "Panoramic" del 2009, forse un po' meno originale e vario di questo. Da dove iniziare? Potrei analizzare una canzone per volta, ma neanch'io voglio essere poco originale e vario, così mi limito a citare qualche episodio rimarchevole tra queste 11 (più un breve strumentale) canzoni, anche se finirò per nominarle quasi tutte. Come detto, infatti, sono tutte quasi allo stesso livello, ma penso che le due iniziali siano tra quelle una spanna sopra le altre: mi riferisco a "Sudden Change", rielaborata dal primo EP "Fik'shen", e "Blood On My Hands". Subito emerge un sound leggermente hard rock, che crea un ottimo contrasto con il cantato pulito del cantante Greg Norris, felice unione tra il più comune dei miei soprannomi e un cognome che non penso abbia bisogno di ulteriori spiegazioni. Praticamente un semidio. Nonostante io stia scherzando un po' troppo quest'oggi, il singer dei 32 Leaves si fa notare comunque con la sua voce particolare, con un tono propriamente basso ma che riesce a raggiungere un ventaglio vocale perfettamente proporzionato con il tiro dell'album. Insomma, la voce non è fuori dal contesto, e ciò è molto meno scontato di quello che sembra.
Il resto della band non offre particolari spunti, limitandosi però a rendere le varie canzoni evidentemente differenti l'una dall'altra, quando più e quando meno: il batterista Barrett Gardner dimostra una tecnica più che buona, anche se il ruolo del batterista mi affascina quasi sempre, data la mia completa ignoranza in materia; i due chitarristi Mike Chavez e Mike Lopez sono simili non solo nel nome, ma anche nel suonato, e si nota un vero e proprio assolo, anche se non eccessivamente tecnico, solo in "All Is Numb", altra canzone molto bella rilasciata anche come singolo; Aron Orosz, ultimo non ultimo, al basso offre una prestazione di primo livello, presente ad orecchio in molte delle tracce. Posso parlare (e lo farò) di "Your Lies", caratterizzata da un fondo calmo e in cui risalta maggiormente la batteria: il ritornello è molto orecchiabile, e si accompagna, come nel resto del disco, con testi profondi ma non troppo, ma sempre poetici e adeguati alla causa. C'è "Waiting", più heavy delle altre ma sempre sostanzialmente nello stesso stile; c'è "Makeshift", non eccezionale ma decisamente carina. Ma subito dopo "All Is Numb", al numero 11, troviamo quella che mi ha sorpreso di più, specialmente dopo vari ascolti, ovvero "Watching You Disappear". Il titolo mi piace molto, così come tutto il testo, di cui cito il ritornello (e se mi va dopo aggiungo anche un sample):
Face it
You're fading away from me
Face it
I'm used to it anyway
Watching you disappear...
Veramente bella, non saprei se sceglierla come mia preferita per sopracitati motivi ma sicuramente è tra le migliori, sempre più coinvolgente nel suo incedere. Chiude la strana "Deep Breath", caratterizzata da un'atmosfera decisamente suggestiva e anche un po' sensuale, come suggerisce il testo (ma in questo caso non vi anticipo nulla). La voce suadente di Greg è accompagnata da semplici ritmiche di batteria, effetti sonori lontani dai tradizionali strumenti e un azzeccato riff di chitarra, a metà tra melodicità e malinconia, che sostiene il ritornello.
Così siamo arrivati alla fine, e detto tra noi, è stato bello ritornare al mio quarto o quinto lavoro dopo tanto tempo. Il mio giudizio finale, combattuto fino all'ultimo, penso proprio che sarà di 5 palle, il mio primo 5, oltre che per l'ottima prestazione anche di "incoraggiamento", termine quanto mai improprio considerando che i 32 Leaves si sono sciolti nel 2010, ma dandomi l'ennesima conferma che i gruppi poco famosi non sono tali per loro demeriti, ma semplicemente perché non hanno gli appoggi giusti, elemento chiave che determina sempre più il futuro di una giovane band.
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