Correva l'anno 1992; qui una band completava quel che sarebbe stato un successo internazionale, la prima ed ultima opera dei 4 Non Blondes. Il mondo stava cambiando, a quell'epoca; la Musica stava cambiando, progressivamente. E così, mentre il grande Kurt Cobain scalava le classifiche di mezzo mondo con Smells Like Teen Spirit, un piccolo gruppo di giovani amici era appena al debutto della loro carriera, probabilmente inconsci di scagliare un rapido dardo d'innovazione, una grande scossa al panorama musicale internazionale.
È un disco incredibile, quasi perfetto, che va ascoltato tutto e subito senza che il mondo esterno ti distolga da quel Capolavoro; è un grido, questo disco, e lascialo gridare in pace, non te ne pentirai. È altresì un disco molto vario, parlando di generi: quello predominante è senza dubbio il Rock, ma certo non si può dire che "Bigger, Better, Faster, More!" è rock; c'è anche una forte traccia di blues, soprattutto nelle prime due tracce, come di dance, nell'ultima parte... E' un dolcissimo connubio (potremmo dire anche un saporitissimo minestrone!) tra generi che, per ogni canzone, per ogni melodia e per ogni nota costruiscono perfettamente e magistralmente il corpo dell'opera; la solida voce di Linda Perry guida incontrastata per parlare di svariati argomenti: sesso, droga, rabbia, rammarico, disperazione... ma bada, non farti condizionare tanto dalle parole: è un grido, ricorda! E devi prenderlo come tale.
Come ho già detto, il disco parte con una forte carica di blues: la magnifica "Train" apre la parata, e già le affascinanti grida della Perry e la complessità della struttura melodica di mettono in guardia. Quindi, di bene in meglio, si passa a "Superfly"; ti senti ormai mezzo rimbambito ed estasiato per l'eleganza dell'incipit che poi, sentita la terza canzone, non ne puoi più: qui infatti giace forse non la più bella, ma tuttavia la più azzeccata e, fra l'altro, la più famosa canzone di tutta l'opera: "What's Up?", insomma quella il cui irresistibile motivetto fa heyheyhey et cetera. Questa ti sfinisce proprio; in senso positivo, s'intende. Quindi, passata la bella "Pleasantly Blue" in cui ancora il blues è protagonista indiscusso, si passa a "Morphine & Chocolate": ecco la migliore, e non dire di no; essa conferisce una tale carica che non la trovi neanche in "Strange Kind of Woman" (e considera che io dei Deep Purple sono un fan che non t'immagini), una tale emozione che non la trovi nemmeno in "Dream On" degli Aerosmith (e chi ha sentito "Dream On" degli Aerosmith stenterà a credermi); provare per credere. Proseguendo si giunge dunque a "Spaceman", ottima canzone, la cosiddetta 'romantica' di turno, che sarebbe perfetta se il ritornello proseguisse con una strofa in più: questo certo non danneggia eccessivamente l'intera traccia, la quale per me è tuttavia una delle mie preferite, però scommetto che a chiunque verrebbe l'impeto di prendere carta e penna per riaggiustarne il testo e di telefonare alla Perry chiedendole anzi pretendendo di ricantare "Spaceman", e subito!, sennò son cazzi.
Passiamo quindi per la magnifica "Old Mr. Heffer", e qui si nota con sommo piacere un pò di blues e un pò di jazz, presente la squisita e immediata alternanza tra lo scatenato e gridato ritornello e brevi pezzi in cui le parole sono appena sussurrate in maniera alquanto maliziosa; di qui la ballabilissima "Calling All The People" che sa di Prince, Michael Jackson, di luci abbaglianti e di anni '80; e qui, già detto tutto. Anche ora, come in "Spaceman", però in misura maggiore, ti viene una sorta di rabbia: ancora il ritornello troppo breve e che ancora si ferma troppo bruscamente, uffa! Risultato? Altra telefonata a Linda Perry.
Si passa così dunque alla commovente e placida "Dear Mr. President", la più movimentata "Drifting" in cui aleggia un'atmosfera quasi irreale e, infine, la rokkeggiante "No Place Like Home "
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