Cosa vi passerebbe per la testa se il vostro amico metallaro più esperto o il negoziante di fiducia vi facesse ascoltare un gruppo che ha scelto come monicker la quantità di marijuana che possiede? Che sono troppo audaci? Che si sono bevuti (cioè...voglio dire fumati) il cervello? 

Quasi esclusivamente conosciuti in Europa per aver fatto da spalla nei tour a gente del calibro di Soulfly, Slipknot, SOAD e Motorhead, gli 8 Foot Sativa sono il gruppo più rilevante (secondi forse solo ai deathster Dawn Of Azazel) che la Nuova Zelanda ci abbia mai regalato in ambito metal. Provengono da una città velisticamente importante come Auckland e spiegano la vele per la prima volta -scusate ma non ho resistito- nel 2002 con il promettente debutto Hate Made Me che, seppur non trascendentale, ha raggiunto un buon successo di vendite in madrepatria, per poi approdare al LP in questione l'anno successivo, il 2003, in piena era Metalcore. Attenzione però Season For Assault (a differenza dei successori) non è il classico album -core da una botta e via; tutt'altro aggiungerei.

Innanzitutto il genere: immaginatevi, per cercare di rendere l'idea, un ipotetico incontro a metà strada tra i The Haunted più incazzati e gli Strapping Young Lad meno nichilisti con qualche spruzzata di death scandinavo. Mettendo su il cd la prima cosa che balza all'orecchio è la compattezza della base ritmica; il basso suonato da Brent Fox solido e in primo piano, la batteria del nuovo entrato Sam Sheppard è quasi una rivelazione: precisa e martellante come si confa a certe sonorità. Da non sottovalutare per nulla anche il lavoro del singer Justine Niessen (che se ne era già andato sbattendo la porta a 2 settimane dall'uscita nei negozi) capace di passare con autorevole maestria dallo screaming al growl senza perdere un unghia in ferocia. Ma il fattore che più mi colpisce in SFA è la strabiliante freschezza del songwriting, vera arma in più in questo platter. Le canzoni sono un magma unico, da ascoltare tutte di un fiato, ottimo esempio di come si possa suonare estremi senza rinunciare alla personalità; alcuni esempi? La fantastica Escape From Reality (la mia preferita), What's Lost Is Tomorrow che ricorda nei segmenti più lenti alcune idee recenti dei Napalm Death, per non parlare della pirotecnica Gutless, con un riff iniziale di una violenza inaudita; ma, in generale, non ci sono riempitivi in Season For Assault e i 40 minuti scarsi di durata fanno davvero venir voglia di schiacciare nuovamente il tasto play. Unico neo per quanto mi riguarda è il lavoro di chitarra di Gary Smith non sempre ispirato e privo del giusto mordente.

Qualcuno di voi a questo punto starà forse pensando:''Acciderbolina! Ma se sono così bravi perchè non li conosco??''. OK...adesso non sbattete le vostre teste lungocrinite contro il muro (almeno non prima di averlo sentito) dato che gli 8 Foot Sativa - va detto- non sono un ensemble imprescindibile tantomeno seminale, perciò siete perfettamente giustificati. Inoltre a vostra discolpa va pure aggiunto che i nostri, dopo questa fatica, si sono un pò persi forgiando un sound eccessivamente derivativo e forzatamente alla moda con, dietro il microfono, il nuovo Matt Sheppard (fratello del bassista) davvero poco personale nel timbro vocale per poi arrivare, ed è notizia di questi mesi, ad una indeterminata pausa di riflessione che presumibilmente porterà allo scioglimento.

Tirando le somme un lavoro attraente, brioso, concreto; il miglior biglietto da visita che i neozelandesi ci hanno consegnato. Piacerà senz'altro a coloro i quali sono alla ricerca di qualcosa non per forza fuori dagli schemi, pesante ma orecchiabile, unico nel suo genere.

Permettetemi di consigliarvene un ascolto. Potrebbero rivelarsi una sorpresa(stupefacente).

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