Gli 883. D'accordo, scartiamo solo per un attimo i soliti giudizi sul "gruppo" di Pezzali, perché qui parliamo probabilmente del punto più alto (fatte le debite proporzioni) toccato dai musicisti milanesi. Anno di grazia 1995, solamente due anni prima gli 883 si erano fatti conoscere con il tormentone "Hanno ucciso l'uomo ragno"; qui gli standard appaiono in buona parte cambiati rispetto agli esordi. Permangono ancora, certamente, i consueti testi pre-adolescenziali cari a Pezzali ("La Radio A 1000 Watt" e "Fattore S"), ma sono comunque meglio arrangiati, con un maggiore uso delle tastiere e di conseguenza una maggiore predisposizione all'ascolto.

La svolta si ha però nelle composizioni che si proiettano direttamente nell'olimpo dei classici italiani anni '90, volenti o nolenti: se "Tieni Il Tempo" impazzava nelle radio dell'epoca grazie alla sua trainante frase di fisarmonica, nonostante una struttura relativamente semplice, "Una Canzone d'Amore" e "Gli Anni" hanno letteralmente segnato un decennio (più la seconda che la prima, per la verità), nonostante con il tempo si tenda ad annacquarle facendo di tutta l'erba un fascio. Se a questi due pezzi se ne aggiungono altri di più che discreto valore come "Il Grande Incubo", "Gli Avvoltoi" e "Ti Sento Vivere" e la complessiva buona qualità del disco, soprattutto in ambito musicale, si capisce perché gli 883 per un breve tempo sono stati un vero e proprio fenomeno di costume in Italia.

Dopo l'addio di Repetto sono cambiati anche gli 883, sempre più in mano al loro leader con conseguente inaridimento della vena musicale; e l'immagine di Pezzali che ci viene offerta oggi è semplicemente desolante.

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