A volte la fortuna di un album è quella di essere nelle mani giuste nel momento giusto. Questo è forse il caso di Pezzali e compagnia. Sicuramente se lo avessi incontrato sulla mia strada qualche anno prima me ne sarei disinteressata, ancora troppo presa a collezionare l'opera omnia di Cristina D'Avena. Qualche anno dopo l'avrei liquidato con smorfie di schifo e conati di vomito come un Britney Spears panzone e per niente sexy. Invece... avevo giusto gli anni che servivano, gli anni che da sempre e per sua stessa ammissione sono stati il suo target. Le elementari a ballare "Hanno ucciso l'uomo ragno" alle festicciole di pomeriggio, le medie con "Nord sud ovest est" e i pomeriggi a guardare "Non è la Rai", il passaggio alle superiori con "La donna il sogno e il grande incubo" e gli anni più belli dei primi amici e prime cotte con "La dura legge del gol".
Quando ancora liquidavo Vasco come troppo dannato per una bambina come io ero, era proprio Pezzali con la sua faccia pulita, la sua vita senza macchia e i suoi testi veri ma farciti di parolacce al punto giusto il cantore della vita quotidiana di ragazzini che si barcamenavano tra interrogazioni, videogames, calcio e pettegolezzi. Pazienza che il cantore si stesse pericolosamente avvicinando ai 30 anni con un'incipiente calvizie e una grave sindrome da Peter Pan. . .
"La dura legge del gol" è l'ultimo targato 883, dopodichè lo stesso Max comprese che non aveva più senso marchiare con lo stesso nome una formazione che cambiava ogni 6 mesi e ne decretò la morte, proseguendo col suo nome dal successivo "Grazie mille" (escludendo il primo di una lunga serie di best of). Abbandona lo stile comics che divertiva i bimbi con quelle copertine-fumetto colorate, ma non rinnega completamente le tematiche che lo hanno portato in vetta alle charts. Sempre figa, calcio e bar, insomma, ma la salsa si inasprisce appena. Pezzali inizia ad avvertire che l'adolescenza sta finendo? I capelli che cadono stanno areando il cervello portando qualche neurone in zona maturità? A sentire "La regola dell'amico" (mitico tormentone estivo) forse non si direbbe, ma in pezzi come "Se tornerai" e la stessa titletrack si comincia a sentire la differenza. Non parlo di musica (è sempre lo stesso sconcertante piattume), ma di testi che parlano di amici morti per droga (ideale seguito di "Cumuli", chi se la ricorda in "Nord Sud Ovest Est"?) e, soprattutto, di ricordi, quelli con la R maiuscola che ti fanno venire il groppo alla gola e ti fanno sentire inesorabilmente il peso degli anni che hai. . . e anche "Nessun rimpianto", ti dice che gli amori non sono sempre quelli di "6 1 mito", quelli che te la da subito, per dirla chiara. . . . anche se alla fine l'ottimismo di "Andrà tutto bene" trionfa, per l'immancabile happy ending.
Sarebbe stato meglio che il buon Pezzali si fosse fermato qui, senza più ripetersi, ammorbarci con antologie tutte uguali, senza voler a tutti i costi costringerci a vivere in un continuo flashback fatto di "Bella vera", Harley rombanti e juke-box pompanti. Che non abbia più niente da dire è noto da tempo, che cerchi nel passato il modo per rilanciarsi in uno scenario che sembra averlo accantonato è altrettanto evidente, allora viene da chiedersi perchè? Ormai è un uomo maturo, sposato, ha passato da tempo il suo momento d'oro allora perchè ostinarsi? I suoi guadagni gli permetterebbero una tranquilla vita di agi, invece lui no, è ancora qui col cappelletto da baseball e la giacca di pelle che si chiude a fatica sul davanti, ancora con le sue storie di figa, calcio e bar. Come la sua amata Inter, facendosi il mazzo pensando ai fasti di un luminoso tempo che fu... mi fa un pò pena quando si unisce ai trenini di Costanzo, poi penso a tutti quei teenager (e anche meno) che lo ascoltano come noi "grandi" ascoltiamo i Duran o i Queen pensando, come noi, quanto sarebbe stato figo esserci allora per essere testimoni viventi degli anni d'oro... ora che resta solo un appannato ricordo. E sorrido di tenerezza.
Carico i commenti... con calma