Un disco orientato verso determinate sonorità dark-wave e derivative dal punk soprattutto oggi, non ha veramente senso se ancorato a tolemaiche strutture poco plastiche e a quegli eccessi di claustrofobia e estetica e citazionismi di stampo militarista. A parte che sono cose che non fanno più scalpore: se alla fine degli anni settanta ci si sarebbe potuti sconvolgere per Sid Vicious indossare una maglietta con indosso una svastica, quando lo ha fatto il principe Harry tipo dieci anni fa non è fregato un cazzo a nessuno. Che significa che se sfoggi una svastica non sei "provocatorio", ma sei solo stronzo. Poi la cultura "pop" è comunque piena di spazzatura e ci sono un sacco di gruppi che non hanno un cazzo da dire e puntano tutto sull'estetica, però se parliamo di questo genere musicale nello specifico ce ne sono alcuni come gli A Place To Bury Strangers che riprendendo una determinata tipologia di suono e attitudine, si fanno apprezzare e considerare per quelli che sono i contenuti concreti della loro musica.
"Pinned", il nuovo album del gruppo di Oliver Ackermann in uscita il prossimo 13 aprile via Dead Oceans, è un ritorno in grande stile dopo la doppietta "Worship" (2012) - "Transfixiation" (2015) che aveva consacrato gli APTBS come uno dei gruppi più considerati nel panorama alternative di questo decennio. La spinta a migliorarsi in questo caso poi non è coincisa in una regressione nella solita direzione indie ma in una ulteriore svolta (per un gruppo che comunqnue ha una matrice shoegaze) verso sonorità e forme più noise che pure senza raggiungere quelle vette Telescopes, permea tutte le composizioni dell'album rendendolo meno spigoloso e dandogli quei caratteri offuscati e quella forma di espressionismo tipica del genere (sostenuti dalla solita sezione ritmica potente e dominante): questo vale tanto per i pezzi più forti come "Never Coming Back" (la canzone-manifesto e il primo singolo estratto dall'album), "Frustrated Operator", "Look Me In The Eye", "Too Tough To Kill" quanto per quelli più sfumati come "Attitude" e il repertorio più classico che va da minimalismi Tuxedomoon a schemi semplici tipo Interpol.
Sicuramente rilevante la new-entry nel gruppo di Lia Simone Braswell, che completa il terzetto già formato da Ackermann e il bassista Dion Lunadon e che fornisce un apporto considerevole sia per le sue qualità come batterista che come vocalist e che contribuisce nel complesso all'apertura di nuove prospettive anche futuro per un gruppo che qui si conferma sicuramente di buon livello, rinnovando in qualche modo anche una certa tradizione rumorosa NYC che per fortuna continua a durare nel tempo.
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