Ebbene sì, in un attacco violento di nazionalpopularismo lo stesso Monarca che aveva scritto di Napalm Death, Bathory, Venom, Death Angel e tanti altri si spinge a recensire un evento come il Festival di Sanremo, il sessantaduesimo per la precisione. Perchè? Non ne ho la più pallida idea, non seguivo questo festival da sei o sette anni. E credo che ne passeranno altrettanti prima che io cada di nuovo nella rete.

Il motivo principale è la denominazione: "Festival della canzone italiana". Canzone italiana. Quindi i cantanti nostrani dovrebbero regnare assoluti su ogni altra componente, la loro musica (per alcuni è solo tentativo di fare musica...) risuonare senza tregua o quasi nelle varie serate. E invece no, ospitini modesti, ospitoni ingombranti che non potevi cacciare via a calci nel didietro perchè il contratto era firmato, ospitucoli da strapazzo che manco loro sannno perchè li hanno chiamati. Ma non è questo l'aspetto che mi interessa, parliamo di musica, delle canzoni, rendiamo giustizia loro dopo che ad alcuni artisti è stato concesso di esibirsi solo dopo il sermone del Padreterno sceso in terra che critica (legittimamente) a destra e a manca, ma non accetta critiche (della serie "io devo parlare, gli altri no"). Non mi interessa nemmeno del presentatore gobbodipendente (e la cosa squallida è che molti degli ospiti lo sono stati) o del tentativo di recuperare consensi arrapando i maschietti italiani in modo più netto del solito: vogliamo forse affermare che è la prima volta che in tv si vedono cose del genere? non credo. E non credo nemmeno che la ragazza argentina sia stata costretta a mettersi in mostra sotto tortura.

Quattordici pezzi in gara, la dinamica delle eliminazioni e dei ripescaggi mi sa tanto di tentativo secolare oramai di allungare il brodo, quando una manifestazione seria in tre serate al massimo si sarebbe esaurita. Analizziamo in ordine casuale le esibizioni.

Arisa - "La Notte". La ragazza lucana cambia look rispetto alle sue precedenti apparizioni sanremesi, in soffitta tuniche e accessori freak, in scena una più standard ragazza della porta accanto. La canzone si ascolta con piacere, anche più volte, il testo è più originale della media (tenendo presente la tradizione del Festival), necessita di più ascolti, il dolente pianoforte mostra tocchi di classe inaspettati, l'interpretazione è vicina a quella di una Elisa nei suoi momenti più intimistici, Arisa incanta la platea, ma non pienamente il Monarca, che però deve riconoscere che è uno dei pezzi migliori del Festival.

Samuele Bersani - "Un Pallone" - Nota di merito per essere rimasto pienamente in sè nonostante la grande visibilità: ecco quindi una musica ciondolante e spensierata, quasi una filastrocca, nasconde come al solito un testo molto amaro che -diciamocelo- era atteso da quelli che seguono l'artista di Rimini da almeno qualche anno. Dopo averla ascoltata, vi ritroverete a canticchiare il ritornello come dei babbei.

Noemi - "Solo Solo Parole" - Un misto tra la musica del Ligabue più melodico, voce roca che spudoratamente imita Vasco, l'avrei sentita meglio cantata da Gaetano Curreri degli Stadio (come poi è stato): il ritornello è irritante, ripetuto all'infinito (uno dei peggiori difetti delle canzoni sanremesi è questo), non a caso ci ha guadagnato molto col Curreri. Degna di nota la parte in crescendo prima degli ultimi innumerevoli ritornelli.

Pierdavide Carone e Lucio Dalla - "Nanì" - La canzone si inserisce nel filone "delusioni amorose con donne di malaffare", la presenza di Dalla è limitata alla direzione dell'orchestra e a qualche urlo nel ritornello. Si parte bene, il ragazzino ha una voce che va su lidi delicati e quasi femminili... Però poi la sporca e cominciano le note dolenti, con una strofa macchinosa e un ritmo davvero troppo lento: il pezzo si affloscia dopo pochissimo.

Chiara Civello - "Al Posto Del Mondo" - Subito l'ignorante che è in me mi ha fatto esclamare "e questa chi è?". Sento il pezzo, la banalità regna sovrana mentre si scimmiottano addirittura Giusy Ferreri e Carmen Consoli. Vado a fare una ricerca e ascolto qualcos'altro: la Civello è una jazzista con un discreto curriculum americano, peccato che non abbia osato, si è praticamente svenduta, il duetto con Shaggy infine è stato imbarazzante.

Dolcenera - "Ci Vediamo A Casa" - Una ventata d'aria fresca in uno stagno di mediocrità, la voce di Dolcenera è molto particolare, se non indugiasse sulle note basse troppo a lungo sarebbe una ottima cosa. E peccato anche per la batteria, con qualcuno più esperto poteva diventare un bel pezzo electro-pop.

Emma - "Non è L'Inferno" - Dopo i primi dieci secondi capisci che la canzone gliel'ha scritta il tizio dei più famosi imitatori dei Negramaro: i Modà. Interpretazione totalmente nulla, si sente all'istante che il pezzo oltre a non essere suo è cantato facendo le veci del gruppo di cui sopra, naturalemte vince il Festival nonostante da vera e propria paraculo canti della crisi nei panni di un vecchietto. Provatelo ad ascoltare ad occhi chiusi: vi apparirà il cantante dei Modà che contorcendosi come è solito fare vi dirà che "No... non è l'infernoooo...", è molto peggio dell'inferno, preparatevi, le quindicenni inizieranno a cantarla in ogni dove in 3... 2... 1...

D'Alessio e Bertè - "Respirare" - Lui sembra come sempre colpito da un dolore immane, lei sfiatata e pure orrenda, la "canzone" è estiva e ossessionante, ve la faranno sentire milioni di volte alla radio, sarà l'incubo dell'estate.

Eugenio Finardi - "E Tu Lo Chiami Dio" - L'impegnato per eccellenza, vestito sempre uguale, forse si cambierà una volta in pensione. Irritanti i suoi movimenti che accompagnano la canzone, almeno fa moto: i fans diranno che è il suo stile, gli altri che è sempre la stessa canzone, ritornello molto facile dal punto di vista musicale, meno per quanto riguarda le parole.

Nina Zilli - "Per Sempre" - Devo parlare della musica... devo parlare della musica... ma come si fa quando hai davanti una che si concia come la Winehouse meno depravata e canta la solita tristissima ballata da cuori infranti sanremesi? Per sempre??? Scherziamo? Dopo mezzo ascolto la bocca dell'acoltatore si storce irrimediabilemte. E visto che la canzone dei Matia Bazar (riesumati per l'occasione) è altrettanto terribile non mi prendo nemmeno la briga di andare a capo.

Marlene Kuntz - "Canzone Per Un Figlio" - I pesci fuor d'acqua, come gli Afterhours a loro tempo, totalmente alieni a cosa accadeva in platea, così come gli spettatori della prima serata di Rai Uno li guardavano straniti. Ovviamente eliminati subito, il gruppo rischia di passare per ultimo della classe per l'italiano medio e per traditore dall'ascoltatore alternativo.

Irene Fornaciari - "Il Mio Grande Mistero"- Se fossimo maliziosi diremmo che è qui per il cognome che porta, ma musicalmente la canzone non è nemmeno male, ha un sapore epico che non so come sia riuscita a infondere, ma la voce è totalmente fuori contesto. Ancora devo capire se ad essere maliziosi a volte si coglie nel segno.

Francesco Renga - "La Tua Bellezza" - Dulcis in fundo, rimaniamo oggettivi: il testo non è nient'altro che una sdolcinata dichiarazione d'amore, la musica è travolgente, anche nella strofa, benchè -la sanremite colpisce ancora- il ritornello sia a dir poco insistente. La versione col coro di voci bianche è a tratti toccante. Già alla sua ultima partecipazione aveva stupito con "L'Uomo Senza Età" (con la cui statura aristocratica prendeva le distanze da tutti gli altri concorrenti), quest'anno avrebbe potuto vincere, la voce c'è, la musica cìè, il ritornellone c'è... Chissà perchè non ha vinto... Ah, già... non ha mai partecipato ad Amici della De Filippi.

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