Mesi fa, qualcuno mi regalò due dischi, utili – a sua detta – a prendere confidenza colla scena australiana e neozelandese a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80.
La scena punk, intendo.
Anche se a caval donato non si guarda in bocca, confesso che sulle prime rimasi un po' interdetto e feci buon viso a cattivo gioco.
L'Australia e, soprattutto, la Nuova Zelanda so a malapena dove sono, anche se provo simpatia innata per il canguro e mangio molti kiwi.
Insomma, le considero la periferia del mondo.
Possibile che in Australia e in Nuova Zelanda ci fosse una scena?
Tirai fuori dalla libreria «Punk!» di Federico Guglielmi, sfogliai l'indice e – sorpresa – c'era una scena perfino in Australia e Nuova Zelanda.
Relegata a fine libro, 12 pagine su 266 totali, però c'era.
Ed era pure estremamente propositiva: proposte poi messe in atto con ottimi, qualche volta eccellenti, risultati.
Insomma, c'erano i Radio Birdman e i Saints ma pure tanto, tanto altro.
Il cd antologico sulla scena australiana è già stato recensito e allora scrivo due righe su quello dedicato alla scena neozelandese.
«AK●79» fu originariamente pubblicato nel 1979 e recentemente ristampato in occasione del quarantennale, e pure ampliato a 25 brani, rispetto ai 12 dell'edizione originale.
La Nuova Zelanda non diede i natali a gruppi straordinari come Radio Birdman e Saints ma ad una pletora di piccoli gruppi la cui notorietà raramente oltrepassò i confini locali.
In altre parole, azzardando un parallelo tra sport e musica, in Australia c'erano i fuoriclasse ed i mediani, in Nuova Zelanda solo i mediani.
Però i mediani, a modo loro, sono fondamentali e forse pure più dei fuoriclasse fanno breccia nel cuore degli appassionati.
Nel mio, da qualche mese a questa parte, hanno fatto breccia Scavengers e Terrorways, Proud Scum e Primmers, Swingers e Suburban Reptiles, Spelling Mistakes e Marching Girls e piccoli inni personali come «Mysterex» e «Never Been to Borstal», «Suicide» e «You're Gonna Get Done» (ma pare che questa in Nuova Zelanda lo sia veramente, un inno), «Baby» e «Saturday Night Stay at Home», «Feel So Good» e «First in Line».
Una sequela di gruppi che spesso non sono sopravvissuti oltre la pubblicazione di pochi 45 giri, accomunati dalla voglia di fare e dalla penuria di mezzi, una baraonda di suoni dal power-pop al punk alla wave.
Il disck jockey Brian Staff aveva altrettanto entusiasmo, fondò la Ripper Records e registrò quei segnali di vita in «AK●79».
Dopo 40 anni, «AK●79» è tra le mie mani.
Io ho imparato qualcosa, ad esempio dov'è la Nuova Zelanda.
E quando mangio un kiwi, lo faccio con maggiore consapevolezza rispetto a ieri, avendo imparato anche che quel frutto deriva il nome dall'uccello simbolo della Nuova Zelanda.
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