La semplicità delle cose. Puoi costruire muri di droni invalicabili ed andare in loop per trenta minuti. Puoi creare e ricreare synth e melodie partendo dalla punta della spirale, fino ad arrivarne al culmine.
Se, invece, ti chiami Aaron Dilloway e ti avvali della collaborazione dei mai troppo valutati Emeralds, puoi riuscire a codificare forma, arte, astrattismo e freschezza compositiva in un unico linguaggio.
Invero la sostanza contenuta in questo "Under Pressure" è materia astratta, ma paradossalmente materiale, raggiungibile. Non ci si perde in arzigogolanti ammiccamenti all'avanguardia, nè tantomeno si cerca la soluzione super lusso. E'solamente un flusso di coscienza in linea retta, dalla mente del compositore all'anima dell'ascoltatore. L'opera in questione lascia la possibilità di una comprensione a più livelli. Lasciarsi gongolare ascoltando le ninna nanne apocalittiche per menti deviate o anche farsi semplicemente trasportare dai due flussi, quello di coscienza dei creatori e quello di pensieri del fruitore, in chissà quale luogo al di là del confine. Si respira nell'aria la voglia di lasciarsi andare, di comporre per il gusto di farlo, senza l'invadenza tipica di chi legge tra le righe velleità alt(r)e e borderline.
"Under Pressure" non è altro che semplice sottofondo, mai predominante e mai sopra le righe. Ausilio musicale per pensieri turbati.
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