Abdullah Ibrahim, nato a Cape Town nel 1934, è sicuramente il personaggio di spicco della scena jazz sudafricana. Insieme a Hugh Masekela e Kippie Moeketsi fu membro dei leggendari Jazz Epistles, la prima formazione jazz del Sudafrica ad essere composta unicamente da gente di colore.
In esilio durante l'apartheid, andò in Europa, e a Zurigo ebbe il colpo di fortuna: fu ascoltato suonare da Duke Ellington, che rimase talmente impressionato da rimediargli seduta stante un contratto con la Reprise. Addirittura Ibrahim sostituì Duke al pianoforte della sua storica orchestra per una serie di concerti!
Da quel momento, l'ascesa. Molti dischi studio di ottima qualità, che si fregiavano delle sue splendide composizioni, e concerti di una ritualità quasi mistica. Il nome Dollar Brand (si chiamò così fino alla sua conversione all'islam, nel '68), fece subito il giro degli intenditori, in virtù dell'assoluta qualità della sua proposta musicale, e fu sinonimo di garanzia. Egli è divenuto un vero e proprio ambasciatore musicale per il Sudafrica, ed oggetto di venerazione nel suo paese.
Il suo stile pianistico fa spesso uso di ostinati della mano sinistra, sui quali la destra costruisce frasi dal carattere melodico e lirico. Il talento melodico di Ibrahim è realmente fuori dal comune, e le sue improvvisazioni, a volte intense ma raramente aggressive, acquistano carattere di lievi accenni, sofisticati pensieri musicali dalla forte carica allusiva. Composizione istantanea di altissimo livello, ricca di sensibilità e di un certo senso di inevitabilità; un'africanità filosofica, tesa a chiudere il cerchio, confermando idee di eterno ritorno e unicità nel tutto. E le sue composizioni presentano le influenze più disparate: melodie della tradizione africana si mescolano con pianismo ?classico?, swing, e tinte esotiche orientali.
Come già accennato, per questo musicista la dimensione live è la situazione ideale per esprimersi, ed è proprio un disco live questo ?Yarona?, registrato in trio allo Sweet Basil di New York nel '95, in compagnia degli ottimi Marcus McLaurine al contrabbasso e George Johnson alla batteria.
Un disco-concerto magico, costruito come una lunga suite, che fin dall'introduzione del primo brano conduce in una specie di limbo emotivo, all'interno dei quali i languori melodici cullano la mente e creano immagini eteree. Si avverte talvolta, nell'attacco dei brani, una bellissima tensione ritmica, ricca di mordente. Ma sono i momenti lirici a far sognare sul serio, come nelle bellissime ?Nisa? (dedicata alle donne del Sudafrica), ?African River? (un'oasi di pace), ?Stardance? (scritta per il film Chocolat) e la conclusiva ?Barakaat? (significa ?benedizioni?), lucente gioiello intriso di rassegnata malinconia, in cui un minimalismo alla Satie si sposa con un inesorabile ritmo rock scandito dalle spazzole.
Non mancano episodi di allegria o velocità, comunque, come nei classici di Ibrahim ?Mannenberg? e ?African Marketplace?, qui rivisitati, o in ?Tintinyana? (un uccello sudafricano) e ?Tuang Guru?. Merita menzione anche ?Duke 88?, affettuoso tributo al maestro, verso il quale Ibrahim è debitore e nutre sincera ammirazione e amicizia.
In conclusione, un disco eccellente, pieno di emozioni, fruibile e suonato magnificamente, che consiglio vivamente a tutti, anche a coloro i quali fossero a digiuno di jazz.
Abdullah Ibrahim sarà in concerto all'Auditorium di Roma col suo attuale trio, il 16 aprile.
CI SARO'!!!
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