Magia creata con pochissime note, è questo il segreto di Abdullah Ibrahim.

La malinconia si erge a padrona assoluta del flusso musicale, intorno particolari superflui soltanto. La sensazione è sempre che il pezzo debba tra qualche momento partire, mentre è lì sospeso ad attendere che qualcosa accada, ma accade poco, anzi si continua imperterriti ad attendere, mentre il tempo passa dolcemente. A volte anche i bonghetti possono esprimere perplessità, dubbi, e non far pensare soltanto a corone di fiori e spettacoli per i turisti. Il piano entra nel cervello, unico stimolo, e avvolge. Ed effettivamente la magia africana che dà il titolo all'album si manifesta in tutta la sua essenza. Ma non è soltanto magia d'Africa, è un pout-pourry di sensazioni dolci, ogni accordo esprime un piccolo fotogramma.  

I pezzi quasi tutti molto brevi, fuggono veloci e si tenta di inseguirli, la meravigliosa "Blue
Bolero"
addirittura per tutto il cd. Il lavoro è del 2002, Abdullah è accompagnato da Belden
Bullock al basso e Sipho Kunene alla batteria, ed è stato registrato a Berlino. I 54 minuti vanno
velocissimi, e non sanno di Africa povera e border line ma di autocoscienza, di commistione con
l'occidente
, di fusione di idee, di rispetto reciproco.

Abdullah Ibrahim dimostra come sia possibile suonare il piano battendo il piede per terra e avendo contemporaneamente sensazioni malinconiche. Sudafricano, fu scoperto nel 1962 da Duke Ellington ed in questi quarant'anni di carriera non ha fatto altro che cercare di tornare musicalmente lì dove era partito ma con le mani "sporche" di jazz.

Carico i commenti...  con calma