"I vampiri sono fortunati, si nutrono degli esseri che trovano. Noi invece divoriamo noi stessi. Dobbiamo mangiare le nostre gambe per trovare la forza di camminare. Dobbiamo arrivare per poter andar via. Dobbiamo succhiarci fino in fondo. Dobbiamo divorarci da soli finché non ci resta nient'altro che la fame. Noi diamo, diamo e diamo come pazzi, non credo che tutto questo abbia senso, non significa niente... Gesù ha detto settanta volte sette. Nessuno riuscirà mai a capire perché, perché l'hai fatto? Ti abbiamo già dimenticato la mattina dopo. Peccato." Da Il Cattivo Tenente, di tre anni prima.

Abel Ferrara, il regista che ha cantato di abiezioni, criminalità e degenerazioni, di stupri e vendetta, serial killer con un trapano elettrico, gangster, sbirri corrotti e depravati, vampiri, teologia, cattolicesimo.

In questo periodo, complice la presenza nel catalogo Amazon Prime, ho visto e rivisto parecchie volte questo film della coppia Ferrara - Nicholas St. John (per chi non lo sapesse, il suo storico sceneggiatore e sodale per quasi un ventennio, ma che si rifiutò di scrivere il sopracitato Cattivo Tenente per le troppe implicazioni e la troppa radicalità dell'idea ferrariana). Non saprei dire quale tra The Addiction, Il Cattivo Tenente e The Funeral abbia visto più volte nel corso dell'ultimo decennio. Di certo sono tre film che fanno parte della mia ossatura di amante del cinema.

"Per noi il sangue non è un effetto speciale, ma qualcosa che riflette la realtà del mondo. Nel mondo accadono cose orribili e noi non cerchiamo di nasconderlo. Ma non si tratta di spettacolo. Quel che conta è che a qualcuno venga fatto del male. Diventa un problema religioso." Nicholas St. John

The Addiction, assieme a The Funeral (Fratelli), ma in modo forse ancora più complesso rispetto a quest'ultimo (che tuttavia considero ancora il massimo capolavoro ferrariano, oltre ad essere stabilmente nella mia top 10 di sempre), rappresenta per me la massima e più profonda riflessione/indagine sul Male nel corso della Storia e nella natura umana mai messa in scena. C'è in questo film un tale insieme di riflessioni ed implicazioni morali, antropologiche e religiose/trascendenti incredibile per un lavoro di soli 82 minuti.

Quella dei vampiri newyorkesi è la più azzeccata metafora della dipendenza, del peccato e, in ultimo, della malvagità stessa che permea l'umanità nel corso dei millenni.

Fin dai tempi della scuola, infatti, siamo abituati a sentirci dire che la Storia, affinché non debba essere ripetuta, deve insegnare, essere appresa, studiata. Ma la lezione di Ferrara e St. John è che questa non è che una mera illusione, una visione rassicurante, propagandistica degli eventi. Come, d'altronde, pura propaganda non è che la filosofia stessa.

Che il Tempo non è - come molti, troppi, vogliono credere - la cura o la via per il perdono di colpe pregresse. Un cancelletto, una comoda rimozione, un modo di lavare il sangue che è stato versato. Come se la responsabilità non fosse collettiva ma solo di pochi individui. In questo sta spesso l'emblematica e fisiologica ricerca del capro espiatorio.

Mentre invece tutto resta dentro di noi, nella nostra storia ed essenza.

Il film parla di Determinismo (di conseguenza, dell'assenza del libero arbitrio) e, come sempre nei film del duo italoamericano, di una ricerca di redenzione, una conversione che dimostri il culmine in un percorso di presa di coscienza dell'esistenza del Male e dei propri peccati.

Il film fa ampio ricorso alla voce fuori campo e a citazioni di grandi filosofi e scrittori dell'Ottocento e del Novecento, ma lo fa in modo critico, non come mera esibizione intellettuale, per farsi scudo di un banale nozionismo culturale.

Così Nietzsche, Kierkegaard, Baudelaire, Feuerbach, Borroughs, vengono presi in considerazione - e talvolta anche dissacrati - per discutere della visione del film, per articolare delle tesi, non come esercizio fine a se stesso.

The Addiction è uno scavo nell'anima, uno squarcio nella mente. E rispetto a The Funeral, ha comunque una luce alla fine, un filtro di speranza, che viene offerta alla protagonista (Lili Taylor, attrice che avrebbe meritato di più in carriera, indimenticabile anche in Arizona Dream e Six Feet Under), in quanto essa, a differenza dei fratelli Tempio, è destinata alla salvezza dell'anima in punto di morte.

"I demoni soffrono all'inferno"

Un capolavoro. E sì, non è un'esagerazione o un termine inflazionato, in questo caso.

Carico i commenti...  con calma