Tralasciando un primo lungometraggio del 1977 il cui titolo non ha bisogno di molte interpretazioni ("Le nove vite di una passera bagnata"), Abel Ferrara esordisce così, nel 1979, sotto lo pseudonimo di Jimmy Laine: un claustrofobico dramma metropolitano colorato da tinte scure, nere come la notte e rosse come il sangue che la popola.
La pellicola narra di Remo Miller, uno squattrinato pittore del Lower East Side che non riesce ad essere accettato dal circolo underground di New York, fidanzato con una donna insoddisfatta che lo tradisce con un'altra donna, costantemente al verde e quindi a rischio di sfratto. Di punto in bianco, schiacciato dalla depressione, compra un trapano elettrico e comincia ad uccidere persone a caso, per lo più barboni. La trama è questa, complessità zero per un film che trova il suo punto di forza nel fascino del topo in gabbia: il protagonista, interpretato dallo stesso Ferrara, è infatti un piccolo essere intrappolato in una realtà opprimente fatta di cemento e catrame verso la quale, ad un certo punto, prova un istintivo desiderio di ribellione scatenato dal ruolo che questa realtà ha riservato per lui (uccide barboni forse perchè rifiuta il proprio destino?).
La regia fa già intravedere il maestro metropolitano degli anni a venire, la pellicola è girata con un budget irrisorio e si vede, i pochi mezzi a disposizione donano all'ora e mezza di proiezione il gusto sporco e cartonato dei b-movies d'altri tempi (per certe ambientazioni è accostabile a "Basket Case" di Frank Henenlotter), ma a far la parte del leone è il suono, o meglio il rumore: Remo è infatti tormentato dai frastuoni che lo circondano, il telefono, la città caotica, le chiacchiere, il trapano ma soprattutto la band che suona nell'appartamento a fianco e che lo perseguita per tutto il film. Abel Ferrara in questo senso realizza quasi un'opera Noise Rock, accompagnando le immagini lugubri con i riff sporchi e distrorti delle chitarre, con il suono acerbo delle rockband che si sentono pestare gli strumenti nelle sale prova da quattro soldi ("Questo film deve essere suonato a volume alto"). Ferrara riprende in modo abbastanza esplicito la lezione data da Martin Scorsese in "Taxi Driver", l'uomo solo, disturbato, spostato e incastrato nella modernità che genera in lui una crescente nevrosi: entrambe le pellicole sono girate in una New York sudicia e indifendibile, entrambi i protagonisti perdono a poco a poco il contatto con la realtà in favore di una propria giustizia, ma se De Niro/Bickle si opponeva ad una società marcia qui Ferrara/Miller scatena una rivoluzione dettata da un puro sfogo personale. Non è spiegato e non è dato sapere perchè la furia omicida si scateni, fatto sta che succede e sembra normale.
Il film si colloca nel filone degli slasher movies pur non mostrando un'eccessiva dose di violenza (gli episodi sanguinolenti sono pochi e concentrati tutti assieme) ed ispirerà il Patrick Bateman di "American Psycho", pur essendo Remo Miller di estrazione sociale totalmente diversa. In definitiva: un gioiellino.
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