Malattia.
E' l'unico termine che mi viene per descrivere questo progetto made in Italy del polistrumentista Steven Abram: con "The Imaginarium" il musicista ha lasciato intendere quale sarà la scia che percorrerà il gruppo. Forse all'inizio si rimarrà stupiti dall'interessante proposta musicale di questa band, e, inizialmente, in molti casi, disgustati. Anch'io ho avuto la stessa impressione. Mi spiego meglio.
Già da quando si avvia "The Imaginarium" nel proprio lettore, l'ascoltatore si accorgerà che il sound è... rumore. Sì, rumore: sarà così per tutto l'album. Distorsioni troppo accentuate e note inascoltabili si alternano tra loro; straordinari effetti vocali e poche note ma ben fatte accompagnano le tracce di questo insano disco. Insomma, un disco insopportabile, deviato. A lungo andare, però, il lavoro sembrava sempre più interessante; quelle intriganti atmosfere space fuse con elementi doom e noise mi attiravano sempre di più. E fu così che iniziai ad ascoltare permanentemente il disco.
Quando si fuma, si sa, è difficile smettere. Questa proprietà è applicata anche da quest'opera di Abram. "The Imaginarium" è un viaggio psicologico. Otto pezzi, tutti diversi tra loro, quasi a formare un mosaico, caratterizzano il nostro iter. Ogni brano fornisce una diversa immagine, alcune pesanti e lente, altre rapide e brusche. Le visioni si susseguono con un rapido viavai, senza tregua. Il tour della ditta di Abram prevede una visita ai verdi campi sconfinati e alle gelide terre dell'Antartide, passando per castelli stregati e vulcani che stanno per emettere lava.
Un consiglio per gli ascoltatori: se avete intenzione di acoltare questo cieco lavoro, che non dura neanche tanto (quarantacinque minuti), preparatevi ad attraversare ghiaccio e lava, fiori e fantasmi. E' improbabile che ne usciate vivi e vegeti. Consigliato a chi ama la musica sperimentale, tutta da definire.
Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza.
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