Superati i primi pregiudizi, che imporrebbero di considerare una ciofeca ogni disco degli AC/DC senza Bon Scott (r.i.p), iniziamo a parlare di questo. Farò riferimento solo alla band con Johnson alla voce, visto che non c'è paragone col cantante precedente. Fatta la dovuta precisazione, andiamo avanti.
Dopo averlo assorbito, ascoltato, ballato, pogato per metà della mia vita, posso dire senza mezzi termini che si tratta di uno dei migliori del "secondo periodo". Al contrario dei molti che lo considero un disco mediocre: non credo che sia così. Probabilmente vale il motto "squadra che vince non si cambia", vista la fattura dei precedenti lavori, tra cui cito per brevità solo "For Those About to Rock" e "Back in Black". Rock'n roll al vetriolo, con diverse sfumature hard rock, che non sfociano mai nelle ballate melense alla Scorpions (e non me ne vogliano i loro fans, per pietà). Questa infatti è musica iper-adrenalinica, massimale, molto "sull'orecchiabile", per il godimento dei "metallari" (non tutti, non tutti...). E non si possono non apprezzare le capacità tecniche dei due folli fratelli alle chitarre, capaci di produrre assoli un po' scontati e ritmiche abbastanza ordinarie, ma godibilissimi/e ed azzeccati/e. Un po' sottotono Wright/Williams rispettivamente alla batteria/basso: tengono il tempo, o poco più. Ma, in fondo, va bene così.
Questo disco annovera la presenza della classicissima "That's the way I wanna rock'n roll" (...basta dirlo!), di "Meanstreak" e "Two's Up" (la mia preferita), ma si segnala anche per un'ottima produzione complessiva. La vena compositiva è sì statica, ma abbastanza originale, e Brian Johnson sembra molto ispirato. I pezzi stancano a volte, ma si registra una certa variabilità, limitata comunque ai soliti giri blues, alle solite pentatoniche, e quant'altro sia già sentito. Ma loro, come i Manowar per il metal, hanno fatto della ripetizione una scuola, un credo da seguire pedissequamente, pena l'essere tacciati per "infedeli". E dunque, risultano abolite in automatico la "sperimentazione", o più crudamente la "variabilità". La scuola è quella del blues, inutile ripeterlo, con pesanti influenze di se stessi(!), ripetute senza vergogna fino all'ultima nota. Che bello(!). Infatti anche qui gli AC/DC sono autocelebrativi, ma fruibili da chiunque, fieri "oppositori dell'intellettualismo musicale", del progressive, della ricercatezza e delle seghe mentali: si rendono così simpaticamente insopportabili, pesanti, crudi da renderli IL gruppo hard-rock per eccellenza. Ma lasciate perdere il genere: "Blow up your video" deve essere fruito con la giusta testa, essendo disposti ad esaltarsi come pazzi scatenati, a godersi con semplicità le schitarrate dei fratelli Young, a cantare i testi senza pensarci troppo e a "muovere il culo", ad esempio con "Nick of time", o con la furiosa "This means war", il cui titolo non poteva essere più azzeccato. Rimane poco da dire sul disco in questione: l'attitudine feroce alla Jerry Lee Lewis riportata al 1988, l'uso del riverbero nelle chitarre e nella voce del primo brano(a testimonianza di un modesto tentativo di fare "qualcosa di nuovo"), qualche pezzo che parte bene e finisce nella noia, una presenza di "mid-tempo" tutto sommato gradevole, assoli forse banalotti (ma garantiscono Young&Young), e una ritmica basata su sequenze di accordi che potrebbe suonare anche un chitarrista ubriaco fradicio (e non è un caso!).
Buon divertimento... "Getting ready to rockGetting ready to roll..."
Angus Young - Chitarra
Malcolm Young - Chitarra
Simon Wright - Batteria
Cliff Williams - Basso
Brian Johnson - Voce
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