Dopo tanto tempo mi accingo di nuovo a scrivere una recensione, parlando soprattutto di un album che ho scoperto tardivamente e del quale intendo oggi parlare: si tratta di un album dei notissimi AC/DC ingiustamente dimenticato (o quasi) dalla critica, scritto nel 1978 e che porta il titolo di Powerage.
Il 1978 è per la musica Rock in generale un anno di grandi cambiamenti all'orizzonte: da un lato l'esplosione del Punk con le imminenti esplosioni sonore di Sex Pistols e similia, da un altro la necessità da parte di gruppi un tempo affermati di modificare il proprio sound, cercando di stare al passo con i tempi (vedasi i Led Zeppelin nel controverso In Through The Out Door o i The Who in Who Are You di quegl'anni), ma da un altro ancora, come nel caso dei celeberrimi fratelli Malcom (classe 1953) e Angus (classe 1955) Young, di rimanere coerenti alla propria linea di partenza, se non addirittura mantenendosi "duri come una roccia", parafrasando una loro canzone del 1995.
Questo Powerage, come detto passando ingiustamente nella quasi indififferenza generale del tempo, prova di fatto ciò: posto in mezzo a due diamanti del calibro di Let There Be Rock e Highway To Hell, si apre con la trascinante Rock 'N' Roll Damnation, ennesimo accorato inno declarato da Bon Scott e dalle due chitarre sempre fiammeggianti di Malcolm e Angus verso quel Rock 'N' Roll duro e sano dei primordi. La successiva Down Payment Blues ha, invece, come tematica quella di un uomo che vive oltre le sue reali possibilità, come canta Scott in questi versi: "Mi sono fatto una Cadillac, ma non posso permettermi la benzina." e il sound, condito da un poderoso assolo centrale di Angus, risulta coinvolgente con tanto di accennato motivo Blues finale della durata di pochi secondi da parte questa volta di Malcolm.
Gimme A Bullet è una "ballata" (tra molte virgolette), scandita sempre dal ruggito delle chitarre che parla in sostanza di un amore andato in malora, ma niente di così innovativo.
Poi passiamo alla sezione centrale dell'album che contiene, senza ombra di dubbio, i numeri più belli ed interessanti: si inizia con l'adrenalinica Riff Raff dove l'ottimo Angus mostra letteralmente i muscoli con un'iniziale potente giro di accordi e con un assolo nel mezzo di eccellente fattura.
Con Sin City, altro eccellente cavallo di battaglia specie in concerto della band anglo-australiana, le atmosfere si fanno decisamente più cupe e pesanti, grazie anche alla solita tagliente voce di Scott e a un altro numero da maestro di Angus che caccia fuori dal cilindro un altro bellissimo assolo centrale, oltre a un notevole giro di basso del britannico di Londra Cliff Williams, nuova recluta della band al posto di Mark Evans.
What's Next To The Moon, al contrario, è veloce e scanzonata quanto basa, ma si fa ben apprezzare.
Ma l'apice dell'album viene raggiunto, soprattutto, con la gemma Rock/Blues Gone Shootin': da un inizio dai toni quasi funk, grazie all'eccellente lavoro ritmico di Malcolm e del batterista Phil Rudd, altra solida certezza della band, la canzone cresce decisamente di tono con il solito, mostruoso assolo di Angus e sembra non finire mai, anzi!
Up To My Neck In You, che può esser considerata come padre putativo di Shoot To Thrill del famoso Back In Black di due anni più tardi, si fa notare per un lungo assolo sempre a firma Angus che si protrae per circa un minuto e mezzo.
Kicked In The Teeth è il pezzo che chiude l'album: dopo un iniziale sfogo Blues dato dalla voce di Bon Scott, la canzone assume il solito tono veloce ma incisivo con sempre le chitarre dei due fratelli Youns sugli scudi.
Insomma, quest'album, che al tempo non ottenne chissà quali successi commerciali, rappresenta, nonostante le (inspiegabili) critiche ricevute all'epoca, non solo l'ennesimo punto fermo per i nostri fratelli Young, ma soprattutto un autentico trampolino di lancio verso i maggiori successi di critica e di vendita che ben presto verranno raggiunti con i due capolavori della band, ossia Highway To Hell e, in particolare, Back in Black.
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