Rolling home to good ol' Hamburg, rolling home across the sea - Achim Reichel's Retrospective - Capitolo II
Creare è il primo passo, poi bisogna consolidare: "Dat Shanty Alb'm", con cui Achim Reichel si era inventato una seconda vita artistica, che continua fino ai giorni nostri, trova presto un degno successore in questo "Klabautermann" datato 1977. Non ho usato l'aggettivo "consolidare" a caso, "Klabautermann" ha un sound più robusto rispetto al predecessore, più elettrico e con meno episodi strettamente folk/tradizionali: sicuramente più strutturato, più "album" in senso stretto rispetto al predecessore, rispetto a cui, tuttavia, perde qualcosa in termini di fascino e originalità. Un buon lavoro di transizione non privo di spunti interessanti, belle canzoni e qualche novità stilistica rispetto all'esordio, ma, almeno per quanto mi riguarda, viene messo leggermente in ombra sia dal predecessore che dal successore, lo stupendo "Regenballade".
"Piratentanz", motivetto strumentale da fischiettare allegramente, lascia ben presto spazio alla canzone che dà il titolo all'album, solido midtempo rock caratterizzato da inserti di flauto a'la Jethro Tull, un breve e piacevole guitar-solo ed un cantato dal registro più marcatamente basso e stentoreo rispetto all'album d'esordio; da qui in poi la rotta si mantiene stabile, accelerando con "Feuer" veloce ed incisivo rock'n'roll, o proponendo un sound ancora più denso e pastoso con l'arrapata "Sophie, Mein Henkersmaddel", in cui il cantato di Achim ricorda in maniera impressionante quello di Till Lindemann: possibile che TL si sia ispirato a lui? Per una questione sentimentale, mi piace pensare di sì. Classico rock '70s in abbondanti dosi, e Achim Reichel lo sfrutta bene per delle pregevoli combinazioni come "Der Fliegende Hollander", che riprende il filone "storytelling" iniziato in "Dat Shanty Alb'm" con "Pest On Bord" e in "Wir Lieben Die Sturme", canto marinaresco riletto in chiave hard-rock: due episodi cazzuti e trascinanti, due capisaldi e punti di forza dell'album.
"Halla Ballu Ballay" invece è un canto marinaresco puro e semplice, con tanto di cori e un violino arabeggiante: impatto ed emozione sono assicurati, cosi come nell'intenso e commovente finale di "Abends An Deck", in cui Achim tace per lasciare il centro della scena ai suoi coristi, accompagnati da una fisarmonica e da una semplice chitarra acustica; poi arriva un cupo assolo, una tempesta che irrompre impovvisamente e svanisce gradualmente per lasciare di nuovo spazio alla pace a alla malinconia della melodia iniziale. Una chiusura meravigliosa e anche una delle novità stilistiche a cui accennavo in precedenza, le altre sono "Das Stortebekerlied", un'oasi di fresco e solare relax nei ritmi tirati dell'album, a ritmo di ska, e "Mit Den Taschen Voller Gold", folk ballad fascinosa e sottilmente spettrale dalle forti connotazioni western, storytelling ad altissimi livelli, ed anche una piccola anticipazione delle sonorità che caratterizzeranno "Regenballade".
Ma di questo si parlerà a tempo debito, tornando a "Klabautermann" il giudizio finale non può che essere ampiamente positivo, nonostante le mie prefereze personali siano più orientate verso altre opere del fenomeno amburghese: è un ottimo album di Achim Reichel, solido, a cui non mancano grandi canzoni. Altamente consigliabile a tutti i cultori del rock classico.
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