A me Lori S. piace immaginarla così, sbracata sul divano a gambe aperte, il ventre gonfio di birra avvolto in una t-shirt unticcia, una bottiglia di Bud pronta in una mano e una sigaretta arsa fino al filtro nell'altra. Poi, sempre nel delirio della mia immaginazione, vedo entrare nella stanza un ometto X, identità irrilevante, il suo attuale compagno (la Lori è ex moglie di Dale Crover, dei Melvins). L'ometto timidamente propone: "In casa non c'è nulla, cara, solo birra, forse dovremmo fare un po' di spesa..." Vedo poi saettare nell'aria la succitata bottiglia di cervogia, che si schianta sul muro infrangendosi a mille pezzi, dopo essere passata ad un millimetro dalla testa dell'ometto. Il liquido schiumoso scola dalla parete, coagulandosi in una pozza come sangue biondo. E Lori S. che suggella il tutto con un bel "Non rompermi il cazzo, tu!" prima di tornare a massacrare la sua chitarra un altro po'.

Questo ritratto della frontwoman degli Acid King non è originalissimo, l'ammetto. Ma fondamentalmente è l'immagine che chiunque si farebbe prestando orecchio ad un qualsiasi lavoro della band di Lori. Se qualcosa si riesce a capire da quello Stoner/Doom granitico è che ‘sta donna ha le palle cubiche, e come lei tutto il gruppo. Ci voglie uno scroto sfaccettato infatti a mettersi a domare questa creatura mostruosa, ibrida di due generi temibili e che trae da entrambi il lato peggiore... così come ci vogliono palle ad essere una delle poche (l'unica?) Stoner-Woman del mondo. Certo, gli Electric Wizard avranno la loro Liz, forti del fattore gnocca. Ma la Lori è una di tutt'altra pasta, ve l'assicuro.

Riff distorti ed orribilmente ossessivi, basso e chitarra all'unisono immersi nel fuzz e nei riverberi, quel tocco di psichedelia marcia, quella voce così ipnotica e velenosa da stentare a credere che esca dall'ugola di una donna: troppo diversi per indole dai Kyuss o dagli Sleep, più concreti ma meno mefitici dei succitati Electric Wizard, i Re dell'Acido sono riusciti a coniare un sound davvero unico ed inconfondibile, cosa non facile nell'affollato panorama del metal alternativo e psichedelico.

Questo "Zoroaster" è il loro primo LP, un macigno grezzo e primitivo, nondimeno difficilmente attaccabile. Non si può non rimanere affascinati dalle uscite lisergiche di "Evil Satan", finire travolti dall'incedere spezza-ossa di "Tank" o restare catturati dal riff strascicato di "One-ninety six" e "Reload" . Un buon disco che consiglio vivamente, così come i successivi "Busse Woods" e "III".

Ascoltate, e vedrete che anche nella vostra mente si delineerà l'immagine di una pozza di birra, con ancora i cocci di vetro che vi nuotano dentro come  placidi bagnanti...

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