Dear Mary Daisy Dinkle... Dear Max...

Dopo "Harvie Krumpet", vincitore nel 2003 dell'Oscar come miglior cortometraggio d'animazione, speravamo che le case di distribuzione avessero un po' di cuore, o forse un po' più di buon senso, e che l'opera successiva di Adam Elliot, fosse visibile anche in qualche sala italiana.

Realizzato con la tecnica dello stopmotion claymation, il film ha aperto il Sundance Film Festival del 2009 e ha ricevuto riconoscimenti in giro per il mondo. Asia, America, Europa.

In Italia è passato per un'importante rassegna milanese, dove peraltro la pellicola ha riscosso non pochi consensi, e poi, come per magia, si è volatilizzato. Come una lettera importante che si perde tra mille altre.

Il film racconta un'amicizia impossibile: quella tra una bambina di 8 anni australiana e un obeso, problematico, ebreo newyorkese.

Iniziano a scriversi lettere per caso. Dopo qualche rocambolesca corrispondenza scopriranno di essere necessari l'un l'altra.

Mary sottopone a Max dei quesiti esistenziali che contribuiscono ad accrescerne le paranoie. "I bambini escono dalla birra? Sei mai stato innamorato? Sei mai stato solo?".

Max e Mary condividono esperienze e consigli, paure e dolori. Amici di penna a distanze siderali, spesso si capiscono, poche volte finiscono con il fraintendersi.

Con stupore ci lasciamo trasportare in questa carovana di emozioni che fanno sorridere e piangere allo stesso tempo.
Alle nostre spalle ruggisce il mondo dell'infermità mentale, troppo pesante da scacciare, troppo ben presentato dall'autore - neanche fosse un libro di analisi comportamentale applicata -, e quello del tempo che passa spegnendo spegne sogni e illusioni, cullate per tutta un'infanzia che si sveglia adulta e sola, improvvisamente.

Le voci di Philip Seymour Hoffmann, Toni Collette e Bethany Witmore, sono la perfetta continuazione dei movimenti, dei disturbi, delle azioni dei protagonisti. E sentendo la voce di Hoffmann che presta la voce a questo grasso, magnifico ritratto dell'americano medio, qualche volta ci torna alla mente lui, Philip in carne ed ossa, che offre voce e corpo a un altro folle solitario: Allen del magnifico "Happiness".

Che il nostro destino sia di faticare per cercare perle rare di cinema è risaputo.
Prendete questa recensione come un sincero invito a trovarne una.

"Not much has happened since I last wrote except for my manslaughter charges, lotto win and Ivy's death".

(Max Jerry Horowitz)

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