Adam Lopez non è indubbiamente il primo da aver congiunto la musica leggera alla lirica, eppure non si tratta di un fenomeno esteso, a maggior ragione per un cocktail contenente anche una base da discoteca.

Purtroppo non si tratta di un full lenght, per cui la scaletta è di sole 4 canzoni, però sufficienti per emozionare l'ascoltatore. Uno dei fattori che fa appassionare immediatamente a questo disco è indubbiamente l'incredibile espressività vocale di Adam Lopez, che dotato di grazia ed estensione inumana spiega le proprie ali al di là del repertorio classico del recital.

La prima traccia, "Adagio for dreams", è molto bella; inizia con le prime strofe dell' "Aria delle campanelle" di Delibes, interpretate con voce media ed in falsetto, a cui seguono vocalizzi fuori dalla gamma di piano accopagnati dalle percussioni disco, e successivamente da strofe in spagnolo romantiche e sentimentali che riporto - probabilmente appartenenti ad un brano meno conosciuto: "Te quiero más que nada, Más que el sol y la luna, Te siento entre mi piel, Sabes a canela y miel, Noche y día pienso en ti, Vuelve a amarme, Vuelve a mì." Enunciate in un passaggio di voce di petto. Seguono strofe inglesi che si accompagnano alla melodia solenne in modo sublime, presagendo l'intercalare di sontuosi acuti che potrebbero proseguire all'infinito, ma che cessano in consonanza a tamburi e piatti, per riprendere e delineare una scala crescente, irriproducibile per i comuni mortali.

La canzone successiva è un capolavoro mondiale, "Nessun dorma", che trova in questo Ep un'interpretazione romantica e finissima, in cui i difetti di pronuncia fungono da incentivi ad abbandonarsi alle vibrazioni della voce. Ciò che la rende ancora più bella è il fatto che non venga cantata in voce di tenore; altrimenti il titolo del disco sarebbe un altro. Inoltre la base musicale scarnisce ai soli tamburelli e pochissimi altri accordi classici, esclusa la base ritmica, divenendo una sorta di eco d'appoggio.

"Shioah" è propia del cantante, riprende la base disco ed è composta da poche strofe in inglese e una melodia soul/sacra, composta più che altro da vocalizzi che ancora una volta fanno sognare, anche a causa dei cori dello stesso Adam. Mentre "Caro mio ben", di Giordani, conclude il disco ed è eseguita ancora una volta non in registro lirico e con base pop. Dubito però che anche chi abbia apprezzato la versione "dogmatica" possa rimanerne deluso da questa scelta, palesemente stilistica; anche perché la limpidezza delle qualità vocali di Adam Lopez ne esaltano le note non da soprano.

Un dispiego di tecnica che oltrepassa il suo stesso proposito, visto che il disco centra solo relativamente con l'opera, molto più inerente alla disco più raffinata e romantica immaginabile.

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