Gran cosa il web. Specie quando ti metti a cercare qualcosa e per una specie di "e-serendipità" trovi tutt'altro. L'ultimo caso è stato peroprio questo film: stavo leggendo le cattiverie divertenti si 400colpi.it, mi sono imbattuto in un mini-speciale su Adam Wingard e i suoi film e ho deciso di mettermi a guardarne alcuni.

Wingard (classe 1983) è un degno rappresentante di quella generazione di cineasti che riescono a sperimentare ed a innovare senza avere a disposione budget astronimici (anzi), ma utilizzando la propria visionaria "follia".

Dopo l'esordio ("Home Sick") e alcuni corti (molto disturbanti, non c'è dubbio), nel 2007, insieme ai fidati sceneggiatori E.L. Katz e Lane Hughes (qui anche in veste di attore protagonista), realizza con poche migliaia di dollari questo "Pop Skull". Wingard butta nella pellicola tutti i temi della sua poetica malata, già messi in luce nei lavori precedenti, ma qui portati al parossismo, realizzando un film horror atipico, molto lento, allucinatorio, rivoltante e ultragore, ma mantenendo una impostazione quasi "autoriale" che distacca la pellicola dai canoni del genere.

La trama è semplice e standardizzata (sembra uno dei soliti teen-scream movie): si narra di un ragazzo, Daniel (interpretato appunto dal co-sceneggiatore Hughes), depresso per essere stato abbandonato dalla sua prima fidanzata importante, che dedica il suo tempo a imbottirsi di droghe per dimenticare l'accaduto ed eliminare il dolore. Daniel si intossica di pillole da solo nella sua abitazione che scoprirà presto essere infestata da fantasmi (ma sarà davvero infestata? O è tutto frutto dei trip di Daniel?) di persone lì massacrate tempo addietro e, man mano che la pellicola si addentra nei meandri della psiche devastata di Daniel, l'alterità fra realtà ed immaginazione viene meno.

Su questa trama abbastanza scontata, Wingard costruisce un film visualmente e concettualmente potentissimo. La regia è "drogata", il film è un susseguirsi di invenzioni stilistiche che portano lo spettatore a "sedersi accanto" al protagonista, condividendone le visioni allucinate, attraverso un montaggio schizoide che fa dell'interèpolazione fra scene "normali" con effetti di loop, flash e strobo, colori lisergici, improvvise accelerazioni, primi piani su particolari gore, inserti di immagini distorte, e fotografia sgranatissima la vera cifra stilistica della pellicola. 

Questa forma di compenetrazione è completamente funzionale al contenuto: concettualmente, "Pop Skull" rappresenta una discesa (onirica?) nella distruzione dell'emotività dei ragazzi più o meno ventenni, con la messa a nudo del dolore sia psichico che fisico di Daniel, con il suo carico di gelosia ed insicurezza tardo-adolescenziale (chi di noi non c'è passato?) amplificata da quello che al ragazzo sembra un rimedio (la fuga nel paradiso artificiale della droga), ma che si manifesta come un vero e proprio inferno che amplifica i traumi subiti, rispondendo agli stimoli esterni con un'esplosione di violenza sanguinaria e senza senso.

Hughes offre un'interpretazione soffertissima del suo personaggio, dibattendosi fra momenti di forte emotività e altri di impeto allucinatorio, decostruendo pian piano la mente di Daniel, mostrando anche sul proprio fisico gli effetti di questo "trip" allucinato. Esemplare il monologo del protagonista, dove rende manifesto non solo che non distingue più la realtà dalle allucinazioni, ma proprio il fatto che per Daniel (e, di conseguenza, per lo spettatore) non esiste più tale distinzione e la "realtà" è semplicemente quella che il soggetto esperisce direttamente (sia o meno condivisa con altri non ha più importanza).
Per fare degli stupidi, ma a volte utili, paragoni, provate a pensare a un incrocio bastardo fra David Lynch, "Requiem for a Dream" e Rob Zombie (senza però la "cazzonaggine" divertita di quest'ultimo) e avrete una idea di cosa si tratta.

Ovviamente, il film non è esente da lati negativi (forse l'incipt è un pò lungo e dispersivo, per alcuni può essere un film inconcludente e vuoto), ma a me è piaciuto molto, proprio perchè cerca una via verso l'orrore diversa dal canone imperante oggi.

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