La follia di questi tre garzoni era già ben stata dimostrata con This is the Album of a Band Called Adebisi Shank ed il suo degno seguito This is the Second Album of a Band Called Adebisi Shank. Chissà come si sarebbe mai potuto chiamare quindi il terzo album, all'insegna dell'originalità. Ebbene, meno male che non sono altrettanto originali con i dischi veri e propri! Anzi, la loro bravura viene messa sotto la lente d'ingrandimento grazie alla pazzia che li contraddistingue dagli inizi. Va bene la pazzia, ma in chiave elettronica! Ecco, in chiave elettronica funziona persino meglio! Otto tracce ed una outro finale, quasi tutte all'insegna del robot-rock psichedelico. Si parte subito con due pezzi che mettono in chiaro il tono dell'album, World in Harmony e Big Unit, per poi proseguire verso svarioni che si spingono oltre la semplice psichedelia. Tra questi si segnalano la carnevalesca Mazel Tov, dal genere indefinibile, con accenni trattenuti di sax a fare da sfondo ad un beat midtempo piacevole; Sensation, classico pezzo dance condito con l'irresistibile pazzia dell'elettronica del gruppo; Voodoo Vision, che ascoltata così sembra solo un folle carillon, ma vista dal vivo in studio su YouTube rende benissimo l'idea del duro lavoro di distorsione delle chitarre e di creazione di melodie originali sulle tastiere, in primo piano sempre la voce filtrata. Altro pezzo molto divertente è la folle corsa di Turnaround. Si resta però amareggiati nell'intuire il messaggio che l'ultima traccia vuole lasciare intendere agli ascoltatori: Trio Always, "nonostante il gruppo si scioglierà rimarremo sempre il trio che siamo stati". Il pizzico di delusione non deve però influenzare l'ottimo risultato di una band al culmine della sua maturità artistica, un album che sa sorprendere e divertire allo stesso tempo. Quasi perfetto.
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