Monza, 9 settembre 2014

La radio, la radio è accesa.

Mica è una notizia. La radio - a casa mia - è accesa sempre. E soprattutto alle sette di mattina.

Alle sette di mattina, quel giorno lì, c'è Sanya. Sanya ha una voce dolce e simpatica, che è un vero piacere. Alle sette e qualcosa mette l'arcobaleno. E dice oggi è l'anniversario di Lucio Battisti.

Penso al 1977. Al saggio di Gianfranco Manfredi. Quello che dimostrava come la morte, nelle canzoni di Lucio, era sinonimo di orgasmo. Penso a quanto mi fece bene, leggerlo. A me, quando ero piccolo, Lucio Battisti non piaceva. Erano anni difficili, e certo diversi. E ascoltare una cosa piuttosto che un'altra era una scelta non da poco. E - di solito - chi ascoltava Battisti di scelte ne aveva fatte molto diverse dalle mie.

L'arcobaleno finisce. Sanya mette un altro pezzo. Io finisco il bagno, la giornata sta per cominciare.


Poi succede una cosa.


Mica che sia una notizia, no, nemmeno questa. Succede una cosa che so da sempre. E che anche (ma è un lontanissimo ricordo) c'era una canzone, credo nel 77, che lo diceva. Che te puoi essere, per dire, un musicista, che ne so, un direttore d'orchestra che deve dirigere il Pierrot Lunaire. E te lo ripassi in testa. E lo sai a memoria. Però poi - per dire - ti becca la musichetta del confetto Falqui. E non c'è modo. Via il Pierrot Lunaire, via ogni cosa. Ogni volta che ti sforzi di farlo ritornare ti torna invece in mente quel motivetto lì. Non c'è verso. Succede anche a me. Quel 9 di settembre del 2014. Con l'arcobaleno.

L'arcobaleno è il mio messaggio d'amore, può darsi un giorno ti riesca a toccare.

Mi fermo a fare benzina. E intanto canticchio. Non servono parole, o spiegazioni. Il benzinaio mi dice, ma dai, ma è possibile che quello lì diceva Brianza velenosa? Ma stava a Molteno, che è un posto bellissimo!


Vado al lavoro, sono seduto a computer. Sto smanettando un po'. E senza nemmeno accorgermi canto. Gianna, di fianco a me, mi dice ah, lo sai che oggi è l'anniversario di Battisti? E io sì. E lei: a me Battisti non piaceva. Celentano invece è un figo della madonna. Però è stato davvero carino a dedicargli una canzone. E poi, sì, non mi piaceva, però quante volte l'ho cantata mare nero mare nero? E comincia. (È anche un po' stonatina, ma ride ed è simpatica).

Uno studente si accorge che, mentre lo sto sgridando (il perché mica lo so) sto canticchiando. Allora, senza dire niente, comincia a fare la voce strozzata di al telefono poi mi dicevi tu muori.

Niente, non c'è verso. Provo a ricantarmi a memoria tutto rigoletto. Lo faccio. Appena finito mi ritorna in mente di nuovo.

Dal panettiere c'è Tamara. Serve dire che mentre aspetto che mi serva canticchio? E lei, senza bisogno di parole si mette a cantare il mio canto libero. Esce il fornaio, che sta dietro. È un ragazzino. Recita tutto l'arcobaleno. Senza cantarla. La recita, tutto il testo, come se fosse Dante. Finisce e dice, sempre come recitasse: Celentano l'ha dedicata a Lucio Battisti e Corrado Mantoni, due suoi carissimi amici scomparsi. Fiero di questo sfoggio di erudizione torna ad impastare il pane. Dal giornalaio discutiamo del senso dell'ultima fase di Battisti, quella con Panella. Lui non è tanto d'accordo. Dice che il vero Lucio è quello di anima latina.

Torno a casa, comincio a cucinare. E a canticchiare, insieme. Inizio ad avere quell'età in cui guardo i necrologi. E uno strano dono che ho da quando sono nato mi fa fare le differenze. E allora ripensi alle musiche della tua vita. E ti piacerebbe pensare a Peppino. O a Mahler. O a Jannacci. O a una roba bella e indicibile che hai sentito in Marvin Gaye. Però non c'è mica verso. In testa hai solo quella roba lì. Che non è bella musica. No. Non lo è. Però fa parte della tua vita. E forse vorresti anche che non lo fosse. Un po' come Lucio Battisti.


Che se mi pensate mentre scrivo questa strana cosa pensatemi che sorrido.

E che canticchio.

Che cosa lo sapete. E vaffanculo a Lucio Battisti. E anche a Celentano, quanto è figo.

Carico i commenti...  con calma