Nato a Milano nel 1938, il Molleggiato Adriano Celentano è tutt'ora considerato il cantante più amato dalla popolazione italiana.

Esagerazione ? No, verità. È piaciuto ai ragazzotti ribelli e avanguardistici di fine anni Cinquanta (notevole l'impatto sociale che ebbe "Il tuo bacio è come un rock"), è piaciuto alla destra ("Pregherò"), è piaciuto alla sinistra ("Il ragazzo della via Gluck"), è piaciuto agli adolescenti timidi e innamorati ("Una carezza in un pugno"), è piaciuto ai moralisti ("Mondo in Mi7a"), è piaciuto ai conservatori ("Chi non lavora non fa l'amore"), è piaciuto agli anziani ("Sotto le lenzuola"), è piaciuto al pubblico nazional-popolare di fine anni Settanta ("Ti avrò", "Soli"), è piaciuto ai critici ("L'emozione non ha voce"). Insomma, che vi piaccia o no, Celentano è piaciuto un pò a tutti.

Dopo una serie di album più o meno raffazzonati ("Furore", 1962, "A New Orleans", 1963) Celentano sforna un album clamoroso, di enorme impatto commerciale, non perfetto eppure efficacissimo. Si tratta di "Non mi dir", album prodotto, per la prima volta, dall'etichetta discografica Clan, fondata, come noto, dallo stesso Celentano. Il Clan è una specie di organizzazione musicale in cui convivono una serie di amici (Ricky Gianco, Teo Teocoli, Don Backy, Gino Santercole, Milena Cantù) che tentano (meglio, dovrebbero tentare) di rinverdire i fasti americani (trasportati però in salsa italiana) del celeberrimo Clan Sinatra (Frank Sinatra, Sammy Davis Jr., Dean Martin). Celentano è, inevitabilmente, il Gran Boss di questo importantissimo Clan: a lui spettano le scelte musicali, a lui competono i diritti d'autore, è insomma una specie di Sinatra all'amatriciana.

"Non mi dir" è un album furbissimo, zeppo di ritornelli e ballatone facilmente assimilabili, ricco di nonsense e battutone al fulmicotone. C'è di tutto in questo primo lavoro prodotto dal Clan: l'autoreferenzialità ("Chi c'è l'ha con me" e, soprattutto, "Uno strano tipo); la strizzatina d'occhio alle generazioni meno giovani e più propense a dedicarsi a sport estremi quali la danza scatenata in balera ("Grazie, prego, scusi"), ma c'è soprattutto "Pregherò", versione italiana di "Stand by me", celeberrima canzonetta misticheggiante frutto di una miratissima operazione commerciale che tenta (e ci riesce magnificamente) di rinverdire i fasti della religione e del Verbo Biblico. D'altronde Celentano non ha mai fatto mistero della propria incrollabile fede religiosa. Per quasi un decennio "Pregherò" risuonerà in tutte le parrocchie e in tutti gli oratori d'Italia.

Il 1965 è un momento d'oro per Celentano. Amatissimo da milioni di teenager in tutta Italia, il Molleggiato spopola anche in televisione e nei concerti grazie alla propria irresistibile verve. "Non mi dir" rappresenta questo estremo, e meritatissimo, apice creativo: il rock'n roll che Adriano porta in Italia è in realtà un rock facilone e bonaccione, ben lontano da quello impegnato di Bob Dylan, un rock all'acqua di rose, un rock, che verrà definito, tipicamente democristiano. Eppure, sono tanti i vecchietti (specie i settantenni innamorati di Claudio Villa e Gino Latilla) che rimprovereranno a Celentano un'eccesso di malizia e, addirittura, di volgarità. Un chiaro esempio di come in Italia, nonostante l'emancipazione femminile e il diritto alla liberta d'opinione, si sia sempre rimasti indietro e sia sempre fatto di tutto per boicottare un certo tipo di cultura, anche musicale, apparentemente volgare, in realtà semplice e bonacciona.

Meglio evitare inutili fraintendimenti: "Non mi dir" non è un capolavoro, manca di solidità, in alcuni punti appare statico e monotono, Celentano canta bene ma, ahimè, suona abbastanza male. Eppure, nonostante mille difetti, "Non mi dir" resiste all'usura del tempo e appare, oggi più di ieri, un prezioso reperto musicale capace, meglio di qualsiasi sociologo, di delineare i contorni di un'Italia apparentemente vecchissima e che invece, vista oggi, appare quasi avanguardistica. Ci sarebbe da riflettere...

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