Nel marasma generale delle recensioni, dei voti e dei pareri spesso si parla di dischi distanti anni luce dalla nostra storia e cultura musicale, ai quali forse solo una minima parte di chi legge finisce per interessarsi. D'altronde, cinquemila recensioni, non è un numero sufficientemente grande da giustificare la presenza, con un buona percentuale di probabilità, di qualsiasi disco ci passi per la testa. E allora sovente capita che in questo turbine di scritti sui dischi ci finisce l'indispensabile e il superfluo.
"Oh! Era Ora" è un disco anomalo, perché sconosciuto e imprescindibile. Sconosciuto perché costa cinque euro. Imprescindibile perché ha segnato la principale svolta artistica di un grande autore di canzoni, la definitiva vocazione alla "canzonetta" di un poeta e la fine della carriera di uno dei più sottovalutati cantanti italiani. Se ci mettiamo che il disco è anche un gran bel disco il quadro si fa piuttosto interessante. "Oh! Era Ora" è stato scritto a sei mani. I testi sono di uno allora sconosciuto Pasquale Panella, le musiche di Adriano Pappalardo e gli arrangiamenti, ma forse qualcosa in più, di un certo Lucio Battisti. Il contesto sono gli anni '80: uso di sintetizzatori, timidi accenni a campionamenti e strumentazioni effettate. Il lavoro è però intrinsecamente sperimentale, d'altronde Battisti cerca in questa esperienza il percorso artistico che avrebbe intrapreso definitivamente qualche anno dopo e Panella, con la sua scrittura, infonde una novità di espressività della parola destinata ad influenzare le generazioni future. La musica è spesso caotica e ridonante di suoni mentre i testi sono ironici, graffianti e profondi. Nulla quindi di facilmente reperibile, all'epoca, come oggi. A partire da "Signorina , un pezzo quasi dance, si intuisce che anche la solita solfa dell'innamoramento non è più la stessa: "Sfiorare un'acqua svizzera, darle del lei, quell'acqua d'occhi esteri, darle del lei, mi sparivi, tra le stesse dita sue, mi rovini, io mi lascio lavorare e lascio fare". In "Breve La Vita Felice" i temi si fanno più seri, improbabili scenette sono l'occasione per ribadire l'essenza dell'attaccamento alla vita di cui certo non fa difetto l'interprete che, nella canzone in questione, sembra infatti dare il meglio di sé. "Caroline e l’ Uomo Nero" è invece una riflessione sulla musica, caratterizzata da uno sguardo inquietante sul rapporto fra cantanti e pubblico, dove sembra trasparire un'ipotetica forza subdola e manipolatrice proveniente dal semplice ascolto di un disco. "Questa Storia" è un addio ad un amico, un capolavoro di dolcezza e intensità, con un inciso da brividi: "Sì, questo è lui, ci ho preso insieme il meglio sole, ma solo lui, se lo rubava svelto come un melone". Un incipit alla "With or Without You" degli U2 introduce "Io Chi è", un'incredibile divagazione sul corpo e l'anima, dove un Pappalardo assolutamente convincente se la prende con un ipotetico "lui", ospite del suo corpo, che sembra vivere senza patemi un'esistenza autonoma rispetto alla sua.
"Oh! Era Ora" è l'ultimo disco in studio di Pappalardo, l'ultima collaborazione esterna di Lucio Battisti e il primo incontro fra lo stesso Battisti e Panella, cui seguirà tre anni dopo il primo dei dischi bianchi "Don Giovanni", un lavoro che evidentemente trova le sue radici in quest'esperienza.
De Gregori dopo aver ascoltato "Don Giovanni", affermò che il modo di scrivere musica non sarebbe stato più lo stesso. Forse esagerava, ma credo che se avesse ascoltato "Oh! Era Ora" lo avrebbe detto tre anni prima.
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