"Improvised Music From Japan" è il nome di un etichetta giapponese molto attiva in questi anni 2000 specializzata nella pubblicazione di musica "non scritta" creata da artisti del sol levante con approccio avanguardista. Dal 2002 l'etichetta pubblica a scadenza annuale un'omonima rivista in giapponese/inglese con interviste, recensioni ed articoli allegando ad ogni uscita due CD compilation che offrono una panoramica sulle novità più significative partorite da questa scena. Oggetto del disquisire è la doppia compilation allegata all'uscita intitolata "Improvised Music From Japan EXTRA 2003" in quanto supplementare rispetto all'uscita annuale e focalizzata sulle "nuove leve" della musica improvvisata giapponese. Come ogni compilazione il livello dei brani è piuttosto variabile, si passa da autentici colpi di genio a inutili e noiose fantasie masturbatorie; provo ora a farvi schematicamente il quadro della situazione segnalandovi il meglio e il peggio dei diciannove brani presenti (diciassette dei "new-comers" più due bonus tracks ad opera di artisti già affermati).    

Takefumi Naoshima - "In a Car", Nentegaine - "Seven",  Yoichiro Shin - "Mekanik Destruktiw Batterie": sono validi brani di elettronica glitch improvvisata, minimale e dilatata ma anche disturbata da suoni abrasivi e scomposti che fanno capolino da tappeti di frequenze. Ricordano vagamente qualcosa di Ikeda o degli Autechre meno lineari. Cerebrali.

Asuna - "Vibration of Reeds Lid_05", Aen - "Processed", Kazumi Namba - senza titolo: si tratta sempre di brani di glitch music ambientale ma priva di asprezze. Il primo pezzo è praticamente un'unica nota (ma tremolante e riverberata) tenuta da un organo Yamaha per sette minuti di cui gli ultimi a volume men che dimezzato rispetto all'inizio. Forse un pezzo troppo semplice, quasi rudimentale, eppure funziona, sembra quasi la rappresentazione in suono di un'alba seguita da un tramonto. Gli altri due sono pezzi che ispirano tranquillità e sembrano fatti con le onde generate da un oscillatore, si distingue soprattutto il brano senza titolo che aggiunge in sottofondo un cinguettio di uccellini dando un'idea di risveglio mattutino. Onirici.  

Masafumi Ezaki - senza titolo, Kazushige Kinoshita - "Rudiment": ogni manciata di secondi di silenzio si sente un rumore indefinibile dalla brevissima durata. Staticità e noia la fanno da padrone, in compenso si sobbalza dalla sedia quando si legge nelle note che questi strani suoni sono ricavatti rispettivamente da una tromba (!!!) ed da un violino (!!). Sono tracce che acquistano interesse solamente dopo che abbiamo saputo con quali strumenti sono state create; effettivamente è incredibile che suoni così strani provengano da strumenti tradizionali, gli esecutori devono davvero aver provato a lungo per ottenerli, il problema è che sembrano aver a che fare più con i virtuosismi da circo piuttosto che con la musica e sembrano esser buoni al limite per un ipotetico quiz dal titolo "Indovina cosa suono". Questo tipo di performance possono soddisfare solo chi ascolta musica con le orecchie dello scienziato, per tutti gli altri è solo noia. Anche se queste improvvisazioni hanno dalla loro un'originalità fuori dal comune, gli artisti che le eseguono non sono poi così diversi dai tediosi guitar heroes che infestano certo rock: onanismo puro

Masahide Tokunaga - "Alto Saxophone Solo", Taku Unami - "Pleasant Valley": la stessa alternanza silenzio/suono/silenzio dei due brani descritti precedentemente solo che qui è ancora peggio; nel primo brano sentiamo un sax che suona come una zanzara (e il fastidio è lo stesso), nel secondo un tocco di banjo ogni trenta secondi di silenzio, su sette minuti e mezzo di brano ci saranno quindici secondi di suono. Tempo perso.  

Katsura Yamauchi - "Salmo": bonus track di quella che dovrebbe essere una "big" dell'improvvisazione giapponese. Lunghe pause di silenzio puro rotte da un sax che suona come una via di mezzo tra una ciaramella natalizia e una lingua di suocera carnevalesca, se non altro qui si denota un certo sense of humor. Uno scherzo.   

Ju Muraoka - "Seppi",  Taku Hannoda - "Solo Guitar": sono improvvisazioni chitarristiche, entrambe piuttosto armoniche; la prima, molto breve, non è male da ascoltare ma è appena un bozzetto, artistica quanto il soundcheck prima di un concerto; la seconda rappresenta la versione più deteriore e banale della musica improvvisata, una melodia ebete e allegrotta strimpellata come si farebbe ad una festicciola tra amici dopo aver alzato il gomito. Inutile.

DJ Peaky - "Three Elements Solo": uno dei brani più interessanti ed articolati della compilation, difficile da descrivere. Si sente un rumore bianco prolungato fermato ritmicamente da piccole pause che creano una sorta di incedere meccanico sempre più veloce. Intervengono via via altri suoni sempre di natura elettronica (ma in sottofondo c'è anche un aspirapolvere). Geniale.

DILL - "9 Breads": l'unico brano cantato, decisamente il più accessibile del lotto anche se a dire il vero non sembra molto improvvisato. Una voce femminile accompagnata da un contrabbasso e da percussioni molto jazzy, orecchiabile ma anche un pò ombroso. Bello.   

Takumi Toki - "ch.or.tr on Sat": versione glitch dello schema silence/noise/silence spiegato in precedenza, il risultato però questa volta è positivo; l'elettronica "imperfetta" riesce a far sembrare il pezzo "pieno" e a non annoiare nonostante anche qui sia il silenzio a predominare. Misterioso.   

Teruyuki Ohshima - "C": altro brano difficile da descrivere, altro piccolo capolavoro; dopo un apertura di chitarra suonata quasi a mo' di shamisen inizia un intreccio polifonico di suoni simili a sirene "miagolanti" ottenute chissà come, l'effetto è a dir poco straniante e curioso. Dadaista.  

BusRatch - "Sound Combing": ottimo esempio di arte iconoclasta. Puntine scoppiettanti, vinili sfregiati e torturati con sadica maestria. Rumoroso ma divertente.   

Shoji Hano and Masaharu Shoji - senza titolo: altra bonus track che chiude la compilation in bellezza. Probabilmente per chi è avvezzo a John Zorn non è nulla di particolrmente nuovo però dopo tante tracce troppo cerebrali questi ottimi dieci minuti di Noise-Jazz per sax e percussioni arrivano come una liberazione. Trascinante.

Il giudizio finale sul lavoro tutto sommato è positivo anche se l'ascolto tutt'ad un fiato è penalizzato da alcuni passaggi davvero troppo noiosi che mettono a dura prova la pazienza dell'ascoltatore. Sicuramente avrebbe giovato il taglio di alcuni pezzi e magari concentrare tutto in un unico CD. Ad ogni modo ci sono almeno quattro-cinque brani notevoli, e molti altri quantomeno curiosi ed interessanti, che ne fanno una compilation consigliata a chi cerca qualcosa di nuovo e bizzarro.  

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