L'album "dimenticato" per eccellenza degli Aerosmith. Verrebbe da chiedersi il perché, vista la non mastodontica discografia dei bostoniani. Bè, nel 1985 i cinque passano la classica fase di transizione; dopo un ottimo disco come "Rock in a Hard Place" datato 1982, in cui figuravano i due "sostituti" Jimmy Crespo e Rick Dufay, interviene il fattore nostalgia (o il fattore "imbastiamo la reunion, facciamo un mega tour e rimpinguiamo un po' le casse", che è lo stesso). Ecco così tre anni dopo "Done With Mirrors", ottima copertina come di rito e dichiarazioni latte e miele all'insegna del volemose bene. Già, ma la musica?
E la musica passa in secondo piano. Non nelle prime due tracce, però: "Let the music do the talking" e "My fist your face" conservano quasi intatta l'energia dei bei tempi - o almeno ci provano. Ma col passare del tempo ci si accorge che i "vecchi" Aerosmith, quelli di "Rocks" e "Draw the Line", sono solo uno sfumato ricordo. Largo ora ai nuovi Aerosmith, che riusciranno a mantenere la dignità a prezzo di forti dosi di rock commerciale (in questo caso nel senso migliore del termine: forse starebbe meglio l'aggettivo "radiofonico"). E scorrono così canzoni francamente bruttine o scassapalle ("Shame on you", "Shela") alternate a pezzi che tirano già qualcosina di più, o almeno sono decenti, come "The reason a dog" o "Gipsy boots". Anche il vecchio lupo Joe Perry - uno che certamente ne sa - prova a tenere insieme la baracca, con la slide di "She's on fire", che almeno ha il merito di spezzare un po' la monotonia.
Insomma, tirando le conclusioni... sarebbe un disco su cui soprassedere tranquillamente. Sarebbe. Se non fosse per la splendida gemma che nel finale Tyler tira fuori dal cilindro, "Darkness". Ballata finale classica che si riallaccia idealmente alle "sorelle" "You see me crying", "Home Tonight" e "Push comes to shove", non delude le aspettative. C'è un Tyler in gran forma, capace di destreggiarsi tra l'incedere quasi jazzato iniziale per arrivare a un più brutale hard rock , il tutto con mooolta classe... l'unico baluginio di un disco per il resto malriuscito.
Un consiglio? Ho letto molto che "Rock in a Hard Place" è banalmente considerato da molti il punto più basso del gruppo. Bene. Provate a prenderlo, ascoltatelo. Poi fate il confronto con questo. Scoprirete - forse - una piacevole sorpresa nel constatare che per gli Aerosmith il 1982 fu decisamente migliore del 1985.
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