6 Novembre 2012, gli Aerosmith pubblicano in tutto il mondo un nuovo album di inediti. La domanda sorge spontanea: cosa aspettarsi ancora dagli Aerosmith? Cosa chiedere ad una band che ha influenzato in modo così marcato la scena rock degli ultimi 30 anni? Probabilmente non possiamo che chiedere di essere la band di sempre, senza snaturarsi in modo eccessivo, e senza intraprendere pericolose contaminazioni con altri generi non proprio affini al rock n'roll.
”Just Push Play” ultimo album di inediti datato 2001, ha lasciato l'immagine di una band troppo schiava del mercato, frutto di anni di videoclip stile Mtv, e di album dall'impronta smaccatamente pop (come ad esempio “Nine Lives”). Un grosso flop. Solo l'uscita di “Honkin On Bobo” ha ridato credito ad una band che sembrava sull'orlo del declino. Certo, il fatto di far uscire un disco di cover blues ha aiutato non poco, perchè finalmente gli Aerosmith tornavano ad esplorare i territori a loro più conosciuti. Le origini che tanto grandi li avevano resi a fine anni 70'. Tutti a questo punto si aspettavano il nuovo album di inediti. Peccato che per molti motivi, l'album ha visto la luce solo alla fine del 2012, quindi 11 anni dopo il loro ultimo lavoro. Fin da subito è stato definito dalla band, ”un ritorno al passato, aggiornato ai stili e ai canoni della musica moderna”. E analizzando l'album è esattamente così. Pregi e difetti inclusi.
La prima parte del cd è davvero notevole. Dopo l'energica opener(“Luv XXX) ecco arrivare“Oh Yeah”, la classica canzone che ti fa ricordare quei riff che sembravano perduti, quel vecchio stile che sembra non stancare mai. Potrebbe tranquillamente diventare un piccolo classico della band. Il capolavoro del plot è senz'altro “Out Go The Lights”. Una canzone dalla forte impronta blues e con l'anima delle grandi jam session. Significativi sono i due minuti finali dove sale in cattedra mister Joe Perry. Ed è proprio questo il grande punto di forza del cd. Il chitarrista finalmente ritorna ad avere un'importanza fondamentale. Oltre ad aver scritto tanti brani (come al solito) Perry bombarda il cd di riff e assoli come non faceva dai tempi di “Pump”. ”Legendary Child” singolo di lancio del cd, è il perfetto esempio di canzone spaccaclassifica, un rock moderno e tirato. Ma sicuramente niente di memorabile. ”Street Jesus” invece è tutta un'altra storia: un fantastico inno rock potente e dal ritmo incessante, sostenuto da un buon lavoro di drumming e da un Perry come al solito sopra le righe. Superata questa canzone il cd sembra perdere qualche colpo. Emerge con prepotenza l'anima ruffiana e ammiccante degli Aerosmith: le ballate. Non parliamo di nuove “Dream On”, ma bensì di nuovi fiacchi tentativi di clonare la canzone di “Armageddon” (inutile citare il titolo della canzone). Se escludiamo il gradevole duetto con la cantante country Carrie Underwood (“Can't Stop Loving You”), le restanti ballate che propongono Tyler e co, sono stanche e piuttosto noiose, seppur cantate come al solito in modo impeccabile.La prova del buon Tallarico infatti, è notevole seppur la sua voce comincia inevitabilmente a risentire il peso di tanti anni di stravizi e di concerti in tutto il mondo. ”Lover a Lot” è la canzone dove sale in cattedra il basso di Tom Hamilton. Certamente l'ultimo grande acuto di un cd piuttosto vario. Joe Perry si concede il lusso di cantare in un paio di canzoni (“Freedom Fighter, “Something”), ma sinceramente continuo a pensare che farebbe bene a concentrare il suo talento solo sulla sua amata seicorde.
“Music From Another Dimension” è un album dalla produzione imponente. Jack Douglas alla produzione generale, Julian Lennon, Johnny Depp, e Mia Tyler come coristi d'eccezione. Per non parlare di Desmond Child che ha dato un'aiuto nella scrittura della musica e dei testi. Esistono vari edizioni del cd, tra cui una versione con tre canzoni bonus (ottima "Up On The Mountain") un dvd con interviste, quatto canzoni live e un piccolo poster della band in versione artistica. Questo disegno è opera di Slash loro amico di vecchia data. Arrivati al capolinea ci resta la prova tangibile che gli Aerosmith sono vivi, inspirati ma chiaramente non possiamo pretendere miracoli. In fin dei conti che piaccia o meno, la fame che avevano a inizio carriera se n'è andata da tempo, ma il livello raggiunto nel 2012 è comunque sufficientemente alto per non infangare un nome storico come questo.
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