Il punk mi è sempre piaciuto in fondo.
Sentii per la prima volta la voce di un certo Rotten squarciare le casse della mia radiolina quando avevo undici anni.
Ultimamente però, e la mia carta d’identità testimonia che da allora sono passati ben undici anni, questo genere musicale mi era parso decisamente saturo. Troppi bambinelli ribelli che, chitarre in mano, tentavano di recuperare pedissequamente e senza spunti la lezione dei maestri Ramones.
Gli A.F.I (A Fire Inside) no.
Questi ragazzi, i cui lavori precedenti sono stati licenziati dall'etichetta Nitro (nelle mani di un certo Bryan "Dexter" Holland), si sono sempre distinti dal filone sopraccitato attraverso un'affascinante commistione di ritmi tipicamente melodici nella classica tradizione punk californiana filtrati attraverso un gusto squisitamente gotico-decadente.
Il passaggio su major sembra aver accentuato ancora di piú questa loro originalità, in ogni modo sempre presente in potenza nelle passate produzioni.
In "Sing the Sorrow" la foga tipica del post-hardcore (il paragone con i Deftones è forse il piú utile per rendere l'idea), si amalgama perfettamente con spunti prettamente punk in una rilettura che fa di un'esasperata emotività e di una capacità espressiva del tutto sincera un punto di forza indiscutibile.
La maturità raggiunta dal combo è palese ed è percepibile soprattutto per quel che concerne la complessità dei brani (che pur mantengono intatta la loro immediatezza e il loro piglio tremendamente coinvolgente) e le capacità espressive del frontman davvero da pelle d'oca in alcuni passaggi.
Questo è l'album che potrebbe risollevare le sorti di un genere, il punk-hardcore, troppo spesso affetto da una schiacciante intransigenza artistica e stilistica. E mi auguro che qualcuno se ne accorga.
Carico i commenti... con calma