L’industria “indipendente” discografica sta morendo: felicitazioni.
Suoni con gli amici in un oratorio qualsiasi, suoni male, ma hai soldi da gettare nel cesso? Benissimo, l’industria cerca te. Registra le tue sbobbe, inviale alle etichette italiane e aspetta una mail, perchè è via mail che ti contatteranno e sappilo: ti contatteranno e sai perchè? Perchè ti chiederanno soldi, molti soldi, per farti registrare le tue sbobbe, per stampartele... cosa che nemmeno a te sembrerà vera. Sapevi di far cacare (si, con la "c". Non siamo mica a Milano, per fortuna) e ora ti trovi a poter incidere un disco per un’etichetta di Tal dei Tali che una volta ha suonato sei ore prima dei Sonic Youth, per cinque minuti, allo stesso festival? C’è qualcosa che non va, lo sai, ma non lo ammetti. Firmerai un contratto in triplice-firma, farai un disco che farà, più o meno, cagare a tutti, che beccherà qualche recensione sulle riviste che sono l’ultimo anello del tuo ufficio stampa - che paghi profumatamente e qualche assicurazione deve pur dartela - e sarai un perfetto esemplare di “indie-per-sfiga” ...ovvero, se t’avesse contatto via mail Cecchetto chiedendoti di tingerti i capelli di rosa, di cambiare tutta la tua musica seguendo l’ultima moda, a te, in fondo in fondo, pensandoci bene, riflettendoci a mente lucida, non sarebbe sembrata una cattiva idea. Sficato.
E poi ci sono i fichi. Quelli che non vogliono imparare (evitano e basta), che si fanno, se tutto va bene, i cazzi loro... che suonano davanti a venti persone di cui dieci compreranno il disco perchè si sa, non esisteranno più le mezze stagioni ma dal vivo si capisce chi può e chi incula le mosche... anzi, chi si fa inculare dalle mosche precedentemente inculate. C’è quella canzone che dice una cosa del tipo non mi frega nulla di quello che potete dire perchè io possiedo questa attitudine. Bene, quello è il motto dei fichi. Se lo stampano in fronte, codesto motto.
Dovessi schiattare oggi - mano rigorosamente sul pacco - lo farei con la convinzione che i più fichi di tutti sono gli Afraid! (con tanto di punto esclamativo finale). Vengono da Verona, due di loro suonano con quei post-tamarri degli Hell Demonio e stampano per la Holidays Record (etichetta vera, mica pasta e ceci) ed hanno la fortuna di accontentare un po’ tutti.
Ti senti orfano di quelle robe che facevano grandi i McLusky e gli At the Drive-In? Prendi l’ep del 2004. Si, ti piacevano quelle cose, ma ora le preferisci contaminate? Bene, prendi il sette pollici del 2007, quello con la copertina nera. Si, il tempo è passato, ora preferisci la psichedelia o meglio preferisci quelle cose cotte in umido, lasciate ad ammorbidirsi nell’LSD? Bene, questo Megalöklift (2009) fa decisamente al caso tuo. Ah, registrato da Giulio Ragno Favero al Blocco A.
Poco più di trenta minuti di forte goduria sonica che mischia psichedelia, “emo-core” (virgolette non a caso) e post-Hardcore in maniera forte e personale, che ti fanno tanto danzare quanto viaggiare. E in più è un oggetto che nella tua collezione si guadagna una posizione di rispetto.
Che dire!?! Fichi, secchi e non, di tutto il mondo... battete un colpo. Felicitazioni.
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