Ok, lo confesso. Adoro smisuratamente Manuel Agnelli e la sua personalissima creatura, gli Afterhours. Credo fermamente che, per la costanza dimostrata negli anni in merito alla qualità musicale e poetica - capolavori in serie - gli Afterhours possano essere considerati, senza rimorsi, una delle migliori rock band della storia musicale italiana. (per me, la migliore, ça va sanse dire)

"Germi" (1995) è solo il primo capitolo (in italiano) della saga. Prima di arrivare a questo album, Manuel e soci avevano già accumulato una discreta gavetta alle spalle e ottimi riscontri da parte della critica di settore, anche internazionale. In patria, invece, se teniamo conto del successo propriamente detto, poco o nulla, la lingua inglese non aiutava l’emersione della band così come il contesto musicale, probabilmente, non era ancora pronto per quel tipo di sonorità. Un discreto cambio di rotta avvenne proprio con questo lavoro: via la lingua inglese, dentro l’italiano. Così, anche un po' per “sfida personale”.

Dal disco emerge tutta l'urgenza di comunicare, la voglia di libertà, la spinta sperimentale, iconoclasta e innovativa della band. Era ora di soffiare sui cumuli di polvere accatastati, per anni e anni, sulla scena musicale italiana. Il risultato ottenuto, a mio parere, è travolgente. Musica e testi, elaborati, soprattutto quest'ultimi, attraverso l'interessantissima tecnica del cut-up (di matrice dadaista), riescono ad alternare quasi perfettamente momenti di selvaggio furore rock, diretto come un pugno in faccia (la title-track "Germi" è emblematica sotto questo punto di vista) a eteree "ballate" velenose, acide, mai melliflue o affettate (come "Dentro Marilyn", poi ripresa da una certa Mina, non proprio l'ultima arrivata...che attestato di stima!). L'utilizzo del cut-up, inoltre, dona una certa profondità e particolarità all'album sia per quanto riguarda la tecnica di elaborazione dei testi da parte dell'autore, fondata sull'abbandono dei canoni, delle gabbie linguistiche e sulla libertà di espressione dell'inconscio e dell'istinto, e sia per quanto riguarda l'ascolto dell'album in sé da parte del fruitore (testi e musica lasciano all'ascoltatore la possibilità di usare liberamente il proprio immaginario per l'interpretazione).
Potremmo dire che, grazie a questo disco, gli Afterhours siano stati, in qualche modo, tra i fautori della mezza-rivoluzione di costume avvenuta negli anni '90 nel nostro Bel Paese. In sostanza, sono riusciti a traslare nel panorama musicale nostrano parte dei canoni artistici ed estetici diffusi, soprattutto, negli Stati Uniti e da loro particolarmente apprezzati. La longevità della band ed il successo ottenuto a partire dal seguente lavoro discografico (“Hai Paura del Buio?”) hanno completato l’opera.
E poi...lo dico? Si,lo dico. A mio parere, gli Afterhours hanno avuto un ruolo principale, anzi, direi fondamentale nell'evoluzione del cantautorato italiano. L’obiettivo di Manuel Agnelli, in un certo senso, era proprio questo: creare un punto di rottura nella scena musicale italiana.
Parole forti, ma sentite.
...e pensare che molti hanno conosciuto Manuel e soci grazie ad X-Factor.
La vita è proprio strana…

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